Questo nostro contributo storiografico affianca e completa la disamina già offerta nel nostro precedente intervento sulla pratica ‘figurativa’ nella Germania tra le due guerre mondiali, analizzando, questa volta, l’azione creativa sviluppata dalle donne-artiste. L’arte delle donne, infatti, ha uno sviluppo particolarmente significativo nella Germania degli anni tra le due guerre mondiali. La loro creatività costituisce un esempio di capacità interpretativa del ruolo della donna come acuta osservatrice della storia.

Lo spazio d’anni tra la fine della Prima guerra mondiale ed il secondo conflitto è quello che vede prodursi, in Germania, una vicenda culturale particolarmente complessa, al cui interno la figura della donna gioca un ruolo protagonistico di assoluto rilievo.

In questa sede cercheremo di accendere i riflettori su alcune personalità di artiste, in particolare, che seppero dimostrare quanto imprimente e significativo potesse essere il proprio impegno creativo, che spesso si trovò di fronte alla condizione di estrema difficoltà di dover superare non solo il disagio di genere, ma anche quello nascente da una condizione politica decisamente tormentata.

Tralasciando di mettere in rilievo l’attività creativa che caratterizzò la militanza artistica propriamente d’avanguardia, che, comunque, negli anni tra le due guerre mondiali subisce un processo involutivo, e senza andare a soffermarci sulle sensibilità di indirizzo più spiccatamente aniconico, sarà nell’ambito della ricerca di stampo figurativo che potremo osservare come la generosità sperimentativa di alcune artiste saprà spendersi per fornire prova tangibile di una determinazione alla pratica di un rinnovamento produttivo che non si ferma alla superficie delle cose e che intende scrivere una pagina di svolta rispetto alle posizioni ancora debitrici del portato ottocentesco.

Sono almeno tre gli orientamenti che può essere utile mettere in evidenza: quello di matrice ancora di istanza simbolistica – che subisce, però, una decisa virata nel corso della metà del decennio degli anni ’20 – quello di vocazione marcatamente espressionistica ed, infine, quello di convinta vocazione ad un rinnovamento radicale della figurazione ed indirizzato, pertanto, a promuovere una linea innovativa definita, non a caso, di ‘Nuova Oggettività’.

Le personalità cui faremo riferimento, in proposito, sono, nell’ordine, quindi, Augusta von Zitzewitz, Kathe Kollwitz e Lotte Laserstein.

A. Von Zitzewitz, Veduta, 1937

La prima, Augusta von Zitzewitz è figura di notevole rilievo per il ruolo che svolge, per così dire, di ponte, tra la cultura secessionistica del periodo fin de siècle e le esperienze decisamente innovative che caratterizzarono, poi, la temperie infrabellica dei decenni degli anni ’20 e ’30.

Qui, la sua carica morale, che portava con sé il portato di un’esuberanza disegnativa e la pienezza di una vibratilità di segno, viene rendendosi sempre più avvertita e consapevole e definisce una cifra creativa che si rende protagonista di soluzioni pittoriche in cui le sue spiccate doti grafemiche sanno farsi pienezza di luce e di corposità compositiva.

A fronte di questa complessa evoluzione che segna la vicenda della Zitzewitz, l’affermazione di un’istanza creativa di ordine più marcatamente segnico ed espressionistico richiede di chiamare in gioco la figura di un’artista come Kathe Kollwitz (le due artiste, peraltro, si conoscevano) che seppe dare forza e vitalità ad un’istanza contenutistica che urgeva imperiosamente nella sua mente.

Ella fu moralmente e politicamente vicina alle ragioni dei diseredati e degli oppressi e le sue immagini vividamente taglienti si rendono particolarmente efficaci attraverso una delibazione grafica che sa evocare una intensissima spinta partecipativa svolgendo nei suoi registri di efficacissimo bianco-nero una sorta di stigmatizzazione senza compromessi delle ragioni di impegno ideologico e morale.

Il Nazismo ne considerò negativamente l’opera creativa che era caratterizzata da una concezione di vita che tendeva ad esaltare le ragioni di comunità (Gemeinschaft) rispetto alle caratteristiche peculiari del modello di società (Gesellschaft) prevalenti.

K. Lollowitz, Ritratto

La terza personalità sulla quale andiamo a porgere la nostra attenzione, è quella di Lotte Laserstein che è esponente della cultura figurativa della cosiddetta ‘Nuova Oggettività’ (Neue Sachlichkeit), quella pratica creativa che prendeva in considerazione l’oggetto nella sua asciutta datità fenomenologica, essenziale ed anodina, assolutamente indisponibile a prestarsi come icona simbolica o come mera trascrizione di una concretezza raffigurata nella sua condizione di mera datità realistica.

Lotte Laserstein al cavalletto

C’è qualcosa di compassato ed asettico, nella pittura della ‘Nuova Oggettività’, di cui erano esponenti di spicco personalità come quelle di Christian Schad o di Carl Grossberg, e Lotte Laserstein, che pure viene da una sorta di formazione tardosimbolistica, non manca di comprendere come si renda necessario abbandonare questi vecchi schemi della raffigurazione delle cose per abbracciare, invece, le nuove prospettive di un affondo ‘oggettivo’ nella concretezza del dato, ove la consistenza epocale di un rinnovamento di schemi e di concezioni di vita si fa strada prepotentemente e con urgenza di successo.

Ciò che, però, la Laserstein non può condividere di questo processo di rinnovamento, che segue l’evoluzione scientifica e tecnologica e disegna un nuovo modello comportamentale soggettivo, mettendo l’individuo a confronto con nuove prospettive ed aspettative di vita, ciò, che, dicevamo, la nostra artista non potrà condividere sono le scelte politiche che, in Germania, accompagnano questa istanza di nuovo conio che s’affaccia all’orizzonte e che si veste dei panni di un progetto di governo che provvede ad escludere gli antagonisti.

La Laserstein, infatti, perseguitata dal Nazismo, fugge in Svezia, ove potrà ricostruire un suo progetto di vita, continuando ad impegnarsi in una produzione creativa che porta a maturazione le scelte produttive che avevano segnato il suo profilo di artista nel rinnovamento cui aveva saputo dar corpo e sostanza.

Del clima propriamente ‘novoggettivo’ seppero farsi espressione anche artiste come Kaethe Hoch e Gerta Overbech, artiste particolarmente significative, alle cui figure osserviamo che occorrerebbe aggiungere di dover ricordare anche i nomi di altre personalità su cui ci riserviamo di ritornare in altra occasione, attive principalmente tra Berlino e Monaco, come, ad esempio, Paula Modersohn-Becker, Gabriele Münter, Anita Rée, Jeanne Mammen, Dora Hitz, Julie Wolfthorn, Emilie von Hallavanja, sottolineando che siamo indiscutibilmente in debito di testimonianza nei confronti delle ancora molte altre che avrebbero bisogno almeno d’una citazione del nome.

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