Ha tenuto incollati alla tv ben 5.518.000 di telespettatori

Finalmente ricordato come meglio non si poteva, il più grande musicista del ‘900 italiano, colui che ha fatto la “rivoluzione con la tradizione”, il grande Renato Carosone. Giovedì 18 marzo, la RAI ha trasmesso in anteprima nazionale, “CAROSELLO CAROSONE”. Il biopic a lui dedicato, in occasione del centenario della sua nascita e del ventennale della sua dipartita (Napoli, 3 gennaio 1920/ Roma, 20 maggio 2001). Un successo annunciato e pienamente condiviso ed apprezzato, visto anche il momento.

Infatti il forte messaggio del film è un invito alla fiducia: se è ripartita una nazione dalle macerie del dopoguerra, può farlo anche ora, dopo la tremenda ondata epidemica che ci ha travolti. Sottolineando così l’importanza che può avere la musica e l’arte, in tutto questo. Il giovane Carosone, interpretato impeccabilmente dalla rivelazione Eduardo Scarpetta, discendente della nota dinastia teatrale napoletana, quando ritorna a Napoli dopo gli anni trascorsi a suonare in Africa, non si abbatte e dice “…c’è bisogno della musica e di sorridere, perché un po’ di ironia ci aiuta a vivere meglio!”

Il film si lascia vedere e gustare in tutte le scene curate negli interni e nelle serate musicali in modo maniacale (forse gli esterni un po’ meno, visto il tempo di covid in cui sono state effettuate le riprese). E’ stato bello scoprire l’uomo Renato ed il genio Carosone, uniti in modo indissolubile da una forza di volontà che è propria dei grandi che raggiungono poi il successo.

E la sua era la fede nella sua musica innovativa, al di fuori degli schemi del tempo, aprendola ai ritmi che arrivavano dagli Stati Uniti e dal sud America, unendo jazz, ritmi tribali africani e virtuosismi napoletani, ma soprattutto, restituendola all’ironia. Facendola abbandonare la landa desolata in cui dettavano legge vecchi scarponi, barche che tornavano sole e mamme che non compravano balocchi per le loro figliolette.

Nel film ispirato dal libro “Carosone, un americano a Napoli”, del suo biografo personale, Federico Vacalebre e diretto da un grande Lucio Pellegrini, emerge anche un’ottima Ludovica Martino, elegante e naturale nel ruolo della moglie Lita, ballerina veneziana che Renato tanto amò fino al punto di crescere e poi dargli il suo cognome, al figlio Pino, avuto da precedente relazione.

Giganteggia invece la figura del batterista Gegè Di Giacomo, interpretata da un istrionico e travolgente Vincenzo Nemolato, dalla somiglianza impressionante. E poi le musiche affidate al grande Stefano Bollani, da sempre estimatore di Carosone. Riesce a creare un tappeto sonoro jazz sempre presente, ma pronto a fare spazio alla musica delle hits che tutti noi abbiamo imparato ad amare e conoscere.

Simpatico anche il cameo che lo vede interpretare il maestro di Renato durante gli esami al conservatorio. Il film ha convinto tutti. A provarlo basta vedere i dati dell’audience: 5.518.000 di telespettatori. Non poteva essere altrimenti: in tempi così difficili come questi la musica può aiutare. Molto, tanto. Anzi di più, se poi la musica è quella di Renato Carosone, basta solo lasciarsi andare!

Chi scrive, ha avuto modo di conoscere ed apprezzare personalmente il grande maestro, in un concerto fine anni ’70 ed a lui ha dedicato uno spettacolo con tutti i suoi successi più importanti, portato in giro in Italia ed in Europa con i “Carosuoni Band”.

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