Il 2020 verrà ricordato, tra le altre cose come l’annus horribilis del cinema. Le porte delle sale cinematografiche di mezzo mondo si sono chiuse mesi fa in molti paesi e nella gran parte di questi – tra cui l’Italia – non si sono ancora riaperte. Le polemiche intorno alla riapertura di cinema e teatri è all’ordine del giorno e su tutto e tutti aleggia una nube di incertezza che non sembra destinata a dissolversi a stretto giro.

Che le persone si siano stancate del cinema è, in verità, un ritornello che suona da tempo ad ogni latitudine ancor prima dell’arrivo della pandemia e a conferma da tempo vengono schierati i numeri impietosi che segnalano un’affluenza in caduta libera. Numeri che, però, cozzano con quelli che vedono un aumento esponenziale degli abbonamenti alle diverse piattaforme.

Esplosione accompagnata dal boom di vendite di televisori sempre più grandi e sempre più all’avanguardia e che solo in parte è determinata dalla situazione sanitaria contingente. E’ vero che le piattaforme sono nate, principalmente, come diffusori di serie piuttosto che di film, ma è anche vero che la tendenza è andata progressivamente mutando tanto che il vincitore dell’Oscar 2019 – lo splendido “Roma” di Alfonso Cuaròn – è uscito prima sulla piattaforma di Netflix che in sala. Questo porta a pensare che non è cambiato l’interesse del pubblico rispetto ai film e che resta sempre nella gente il desiderio di vedere film, ma si sente sempre meno la voglia e il bisogno di andare al cinema. 

La settima arte, per un verso, mantiene perciò immutato il suo fascino ed ha, oggi come ieri, un fortissimo potere attrattivo. La fascinazione che nasce dall’ascoltare delle “storie”, del resto, ha radici antiche come insegnano gli studi del liceo e non sembra destinata a svanire. Lungi dal considerare il cinema come l’erede indiretto di Omero – anche se con un azzardo ben costruito si potrebbe anche arrivare a trovare una continuità tra l’”Iliade” e “Via col Vento” – è infatti vero che i film mantengono ancora il loro potere.

Quello che, purtroppo, è venuto meno in questi anni è l’attrattiva delle sale cinematografiche. L’inizio, come spesso succede, anche per il cinema è stato in sordina, ma una volta spiccato il volo poi è stato un successo che non ha conosciuto interruzioni almeno fino agli ultimi anni. La diffusione delle sale cinematografiche nel nostro paese, come nel resto del mondo, dopo la Seconda guerra mondiale ha avuto una vera e propria esplosione che neppure l’avvento della televisione è riuscito ad attutire.

Andare al cinema negli anni ’50 e ’60 era un’abitudine, non un evento. Il cinema era parte integrante della vita quotidiana, come ha raccontato Tornatore nell’indimenticato “Nuovo cinema paradiso”. Si andava al cinema per vedere un film, per stare un po’ in intimità perché le coppie non godevano della libertà di oggi, per ingannare il tempo, per fumarsi una sigaretta in pace dopo aver discusso in famiglia, per ripararsi dalla pioggia in un pomeriggio d’inverno.

Il cinema era un luogo familiare e abituale come il panettiere e la stazione ferroviaria e come tale veniva vissuto. In ogni città c’era almeno una sala cinematografica e nella capitale c’era un cinema praticamente in ogni angolo. Negli anni però è cambiato l’approccio dello spettatore alla sala cinematografica, perché è cambiato il ruolo del cinema nella vita delle persone.

La comodità di vedere il film sullo schermo della tv, tanto più se di svariate decine di pollici e con un sistema audio sempre più sofisticato, ha fatto venir meno l’esigenza di varcare la soglia della sala. Ciascuno in casa propria può permettersi il lusso di essere spettatore di una proiezione privata e personale senza vincoli di orario. In questo senso, perciò, nel nuovo millennio sta accadendo che non sta tanto morendo il cinema inteso come film, quanto il cinema in sala.

Senza entrare nella noiosa difesa d’ufficio del film in sala che non potrà mai essere eguagliato dal film in casa perché manca la concentrazione o meglio il senso di abbandono e di distacco che è proprio del buio della sala, quello di cui oggi si avverte forte è il venir meno di un’altra situazione in cui il singolo possa sentirsi parte di una collettività indistinta. Sta venendo meno il cinema inteso come esperienza collettiva, mentre è sempre più forte il cinema come esperienza solitaria.

Il cinema, perciò, ancora una volta si presta ad essere specchio di una società dove l’individuo preferisce isolarsi piuttosto che condividere, tutto a svantaggio della socialità. E’ probabile che le future generazioni non conoscano mail la capacità liberatoria di un pianto o di una risata condivisa con decine di altri sconosciuti di cui non si conosce il nome e di cui si intuiscano a stento le fattezze, ma ai quali si è accomunati da un comune sentire. Questo è il vero potere del cinema.

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