Incitando troppo i suoi sostenitori provoca un’insurrezione

Ci sono situazioni in cui quando la corda viene troppo tirata alla fine si spezza o sembra spezzarsi. Le scene che nelle ore precedenti si sono viste attraverso tutte le televisioni del mondo hanno mostrato le ore più buie degli Stati Uniti D’America. Da quando Joe Biden ha vinto ufficialmente le eleizoni, il 7 novembre scorso, Donald Trump ha gettato, ancor di più, benzina sul fuoco.

Ha alimentato le fiamme dei facinorosi fin dal primo momento. Affermando che l’elezione era stata truccata e che non si sarebbe mai arreso. Detto fatto. Prima incita la folla ad un comizio che si era tenuto proprio nella giornata di ieri, davanti alla Casa Bianca. Poi successivamente alcuni facinorosi si sono precipitati presso Capitol Hill violando il tempio della Democrazia più antica del mondo.

Proprio in quel momento il Congresso si era riunito per certificare, in via ufficiale la vittoria di Joe Biden. Lo stesso Biden, qualche ora più tardi, in un discorso accorato e addolorato da Wilmington ha espresso, senza mezzi termini, che “Questa non è una protesta: è un’insurrezione. Questo caos non riflette l’America”. Ha persino invitato il presidente uscente ad apparire in tv e parlare ai rivoltosi.

Trump in realtà appare ma non come vuole Biden. Appare attraverso il suo account preferito, quello di Twitter, dove imperterritamente ha continuato ad affermare che l’elezione è stata rubata; invitando tutti coloro che erano entrati al Congresso di rientrare a casa in pace.

La corda forse si è spezzata, dicevamo. Non nel senso di una guerra civile, nel senso della credibilità di un Presidente eletto quattro anni fa e che non ha mai dimostrato, proprio in questi momenti, di essere il leader di tutti. Soprattutto di coloro che non lo avevano votato nel 2016 e che molto probabilmente non lo hanno votato nemmeno due mesi fa.

Che gli Stati Uniti d’America sono la più Grande ed Antica Democrazia del Mondo è un dato di rilevanza storica. La prima vera rivoluzione contro l’oppressione si svolse proprio nel nuovo mondo. Quando gli americani cacciarono gli inglesi per poi diventare la nazione che sono oggi. Anni dopo, nel 1789, quell’atto di ribellione, giustificato, venne imitato nel vecchio continente dai francesi durante la Rivoluzione del 1789, che ha ispirato ulteriormente i principi costituzionali che tutti noi conosciamo.

Mentre stiamo scrivendo l’articolo la situazione è ancora in evoluzione. Nelle ultime ore si è addirittura paventata l’ipotesi di applicare la quarta sezione del venticinquesimo emendamento. In quel comma si sancisce la possibilità che il Presidente può essere rimosso dal proprio ufficio quando non è più in condizione sia dal punto di vista fisico o anche mentale.

Semmai venisse applicato seriamente il tutto dovrebbe partire dal Vice-Presidente Mike Pence, il quale si è dissociato dal Presidente già durante il comizio tenuto da quest’ultimo. Dunque la palla spetterebbe a Pence, il quale dovrebbe presentare la richiesta firmata da almeno la metà più uno dei ministri del Governo. Nonostante gli insorti sono stati addirittura comandati, quasi, dal Senatore Repubblicano Ted Cruz, molti all’interno del Gop stanno prendendo le distanze da Trump. Altri ancora si sono addirittura dimessi. Come il numero due della sicurezza nazionale.

Per molti, ieri, le scene che tutto il mondo ha visto sancirebbe la debolezza della Democrazia Americana. In realtà all’atto di ieri non c’è stato seguito, non c’è stata nessuna ripercussione anche per i lavori del Congresso. L’organo costituzionale, per volere del Presidente della Camera dei Rappresentanti Nancy Pelosi, che si era vista occupare il proprio ufficio da un sostenitore di Trump, ha infatti portato a termine la proclamazione della vittoria di Joe Biden e Kamala Harris.

Di certo avremmo voluto tornare a parlare di Stati Uniti d’America in modo spensierato e lontano dai riflettori della politica. Senza trascurare ciò che stava succedendo a causa del covid-19. Ma la pagina di storia che ieri è stata scritta nelle stanze ed aule di Capitol Hill è una qualcosa che richiama ad un fatto che accadde quasi 210 anni or sono.

All’epoca i britannici entrarono nel Congresso, bruciandolo insieme alla Casa Bianca. E’ normale pensare che le intenzioni dei supporters di Trump non erano proprio quelle. Nella loro mente volevano solamente difendere l’America. Ma così facendo hanno sferrato un attacco alla loro stessa democrazia dall’interno. Truffati, alcuni, esaltati, altri, da un uomo che non ha mai messo al primo posto l’empatia e la comprensione reciproca.

Si pensi a ciò che disse quando gli attivisti, troppo esagitati del movimento Black Lives Matter, che tentarono di entrare alla Casa Bianca. Lui, Donald Trump, non usò parole concilianti. Disse: la prossima volta aizzerò i cani. Oppure quando fece disperdere la folla per liberare il proprio passaggio e mostrarsi con una bibbia in mano. Offendendo anche a chi crede in Dio. Nelle ultime ore, lo stesso Trump, attraverso il profilo twitter di un suo collaboratore perché quello personale è stato chiuso, ha twittato che la transizione il 20 gennaio avverrà in maniera pacifica.

Con l’atto di ieri ha sancito ancor di più la fine di una presidenza alquanto particolare. Non perché era anti-establishment. Perché ha esasperato troppo i toni di un dialogo politico che lo stesso Biden, per riuscire nella sua missione, dovrà compiere un miracolo. E con ciò non significa che non si può avverare, anzi. Dimostrando così che gli Stati Uniti d’America, come in passato, hanno sempre mostrato gli anticorpi di una Democrazia doma a nessuno. Nemmeno ai nemici interni alla Nazione.

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