Erano le 8 del mattino del 29 luglio del 1983 quando in via Pipitone Federico, a Palermo, una terribile esplosione squarciò quella che era stata, fino ad allora, un’anonima strada del capoluogo siciliano, uccidendo sul colpo l’allora Consigliere dell’Ufficio Istruzione Rocco Chinnici. La carica esplosiva era stata piazzata su una fiat 127 verde posteggiata davanti all’ingresso del portone della sua abitazione. Con lui morirono il Maresciallo dei Carabinieri Mario Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta, componenti della sua scorta, e il portiere dello stabile Stefano Li Sacchi. Ci fu un unico sopravvissuto: l’autista del magistrato, Giovanni Paparcuri.

Di Chinnici cosa si potrebbe dire in questo breve ma intenso ricordo su queste righe virtuali? Che fu il primo di quel leggendario Pool, da lui stesso ideato, a morire, forse, nel modo più cruento rispetto ai suoi predecessori e a quelli che giunsero dopo di lui. I primi a morire furono i giudici Pietro Scaglione, Cesare Terranova, Gaetano Costa, Gian Giacomo Ciaccio Montalto, crivellati da una pioggia di proiettili. Scaglione fu il primo giudice a Palermo che cadde contro la mafia il 5 maggio del 1971; e già in quel momento si disse che ‘Cosa Nostra’ aveva alzato il tiro.

Otto anni più tardi il piombo investì il giudice Cesare Terranova il 25 settembre del 1979. Il 6 agosto del 1980, invece, a morire fu il giudice Gaetano Costa e pochi mesi prima di Chinnici, il 25 gennaio del 1983, a perire a causa del fuoco mafioso fu il giudice Gian Giacomo Montalto.

Dicevamo di Chinnici e del suo estremo sacrificio, dunque. È inutile riempire il testo di ulteriori parole che risuonerebbero vuote e retoriche; svuotando di significato l’atto di immenso coraggio di questo uomo di legge, tenace, lungimirante e che, forse, aveva capito prima di tutti cosa c’era dietro alla stessa mafia.

Il forse, in questo caso, è d’obbligo. Rocco Chinnici non ebbe il tempo di approfondire le indagini come fecero Falcone e Borsellino, non ebbe il tempo e la gioia di vedere il Maxiprocesso che si svolse tre anni dopo la sua terribile scomparsa. Fu lungimirante nelle indagini, dando un notevole impulso all’azione penale contro ‘cosa nostra’, parlando per la prima volta di ‘terzo livello’: intesa come una soglia oscura che muoveva tutti i fili. Morì in quella calda mattina del 29 luglio del 1983, anticipando il tragico destino dei suoi subordinati, colleghi e amici e la sua ‘creatura’, il Pool, fu completata la fondazione, nel marzo del 1984, grazie ad Antonino Caponnetto il quale ebbe il merito di seguire quei valorosi e coraggiosi uomini.

La carriera dell’ideatore del Pool iniziò nel 1952 come uditore giudiziario nel Tribunale di Trapani. Negli che andarono dal 1954 al 1966 ricoprì la carica di Pretore a Partanna. Nel 1966 entrò nell’ufficio istruzione di Palermo come Giudice Istruttore. Era il 9 aprile del 1966. Quattro anni più tardi gli venne affidata la delicata inchiesta della strage di via Lazio. Cinque anni dopo divenne magistrato in Corte d’Appello e Consigliere Istruttore Aggiunto. Nel 1979, con la morte di Terranova, fu nominato Consigliere dell’Ufficio Istruzione.

Dopo Chinnici fu la volta dei due Commissari della Squadra Mobile che facevano parte del Pool: Giuseppe Montana e Antonino detto ‘Ninni’ Cassarà. Con quest’ultimo si ritorna al giorno 6 agosto ma di cinque anni dopo alla morte di Costa. Otto giorni prima di Cassarà, venne ucciso il Commissario Montana. Era il 28 luglio del 1985. Ma quest’altra parte della storia l’affronteremo il prossimo 6 agosto.

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