Si è sempre sostenuto che un libro ci apre un mondo intero, che leggere sia l’unica vera arma a qualsiasi tipo di ignoranza. Chissà quante volte ce lo siamo sentiti dire, per non dire imporre, fino alla noia durante l’adolescenza; ottenendo di riflesso l’effetto contrario. E chissà, poi, quanti libri abbiamo letto effettivamente, divorati come cibo prelibato, senza rendercene conto. Non solo romanzi di vario genere, ma anche saggi, testi storici o volumi che raccontavano o che potevano riportare scomode verità.

In alcuni momenti storici la falce della censura si è abbattuta non solamente su questi ultimi ma addirittura, e non ci sembra vero, sugli innocenti volumi in cui, a quanto pare, custodivano tra le righe, e nell’espressioni, delle velate, non tanto alle volte, critiche verso chi stava al potere.

Il termine esatto, spiattellato come un titolo in prima pagina di un quotidiano, è ‘Intolleranza’. Anzi, “La cultura e la guerra all’intolleranza”. Tale espressione simile alle classiche tagline sulle locandine dei film, rappresenta il sottotitolo del piccolo, significativo ed intelligentissimo testo scritto dal giornalista Pierluigi Battista: ‘Libri al rogo’.

Da Hitler a Mao Tse Thung, a Pol Pot fino ad arrivare ad altri e diversi esempi nella storia in cui i libri sono stati oggetto di ‘persecuzione’ politica. Se tale oggetto venne preso di mira per alimentare le fiamme dell’odio, e non solo in senso metaforico, è perché alcune idee, alcuni pensieri dovevano essere stroncati sul nascere. Paradossalmente questa prassi, come ricordato più volte nel corso dei decenni, non fu applicata solo dal dittatore nazista ma anche e durante i regimi comunisti. Come nella Cina di Mao Tse Thung e nella Cambogia di Pol Pot.

Sono esempi storici che il giornalista passa in rassegna con estrema semplicità, trascendendo da ogni da ogni logica di faziosità. La scrittura non mostra nessuna espressione astrusa o troppo arzigogolata. Il mini-volume si legge scorrevolmente, permettendo di giungere dritti al punto.

La tematica principale di questo libro, entrato in commercio il 7 novembre del 2019, è rappresentata non tanto dai singoli esempi storici che vengono passati in rassegna ma l’intolleranza. Un’intolleranza per lo più ideologica, politica. Un’intolleranza cieca, come è stata anche nei famosi esempi citati e che, purtroppo, non sembra mai scomparire.

L’autore sembra dirci che chiunque possa essere scontento delle scelte politiche. Arrivare, però, ad organizzare roghi contro i libri significa azzerare la possibilità di conoscere.

Il piccolo volumetto possiede il merito naturale di non soffermarsi su un solo esempio, come quello raccapricciante dei nazisti, ma anche di ricordare e di precisare che Mao Tse Thung, addirittura bibliotecario, applicò questa prassi contro i suoi oppositori in Cina, per non dimenticare anche Pol Pot in Cambogia.

Tutti i dittatori comunisti che, purtroppo, durante i discorsi fra la gente comune non vengono mai citati come meri esempi negativi per aver compiuto questo scempio culturale. Eppure non si tratta di persone estremamente ignoranti. Anzi, persone colte che hanno saputo sfruttare la debolezza del popolo da governare; un popolo incapace di ribellarsi per mettere fine al regime oscurantista che sta per nascere.

L’intolleranza, la paura per questo virus, sbandierato ai quattro venti ed in modo unilaterale, in questo primo ventennio del nuovo millennio, non ha fatto altro che alimentarla ancor di più. Specie anche dove in realtà, e fortunatamente, la stessa intolleranza non era presente né nei modi, né nelle intenzioni e né tantomeno nelle parole.

L’aggressione verbale, l’astio e la demolizione del proprio avversario politico è figlio di un duplice sintomo: quello dall’ideologia prettamente sovietica, mai democratica, e dalla stessa intolleranza mascherata da motivi politici.

In definitiva “Libri al rogo” è un volume da non sottovalutare, da leggere e rileggere all’infinito per comprendere specialmente in questa epoca, nonostante esista la guerra all’intolleranza, il rischio è quello purtroppo di perderla. Nel tentativo di essere troppo intolleranti alla medesima, si cade nella trappola di esserlo. E parafrasando un verso di una famosa canzone degli Articolo31, ‘2030’, così ‘l’intolleranza danza, non c’è speranza”. Per il semplice motivo che i principi democratici vigenti verrebbero stritolati nel silenzio, favorendo regimi dittatoriali.

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