“Io non vedo l’aldilà. Io non parlo con i morti come uno di quei medium, come quelli che fanno sedute spiritiche e prendono soldi dai poveri disgraziati che non si rassegnano alla fine di una persona cara”. Con queste parole lo scrittore Maurizio De Giovanni, nel 2006, fece esordire il personaggio del commissario Ricciardi. L’ambientazione scelta è quella della Napoli anni ’30 e in realtà questo suo pensiero, che ha il sapor di uno mero sfogo, è compreso nel mini-racconto che lo stesso autore napoletano ha sviluppato in occasione del primo romanzo della serie, intitolandolo: ‘Le lacrime del pagliaccio’. Successivamente: Il senso del dolore – L’inverno del Commissario Ricciardi, del 2007.

Con quest’ultimo titolo, quasi sicuramente, si coglie di più l’anima tormentata del protagonista il quale, per sua sventura, possiede il dono di vedere le anime di chi non c’è più, di chi ha lasciato il mondo terreno per morte violenta. Il mini – racconto ‘Incontro con Ricciardi’ è posto alla fine della prima avventura o comunque della prima indagine di questo particolare poliziotto nostrano. La peculiarità, intesa come mera atipicità, è insita nell’essere padrone di un potere visto, sempre secondo il personaggio, come una vera e propria sciagura e maledizione; un peso che non gli permette di vivere al meglio la sua vita.

Atipico per il potere che usa in silenzio, in maniera nascosta e senza alcun protagonismo. Nel vedere le anime tormentate fa suo ‘il dolore, il rimpianto e la sofferenza; sente l’eco dell’amore che scompare e gli artigli che si spezzano nell’ansia di trattenere l’ultimo lembo della vita che se ne va’. Apparentemente Ricciardi è un anti – eroe per il semplice fatto di essere un uomo isolato dalla società che lo circonda e per la quale è pagato per proteggerla. Ma a tutti gli effetti è un eroe. Anzi, un supereroe che deve tenere lontano la donna che ama.

Uno schema narrativo utilizzato spesso nella ideazione dei supereroi statunitensi con il quale siamo cresciuti. Ma la qualità di supereroe, in realtà, non appare pomposa o inappropriata. Si può ben sostenere che semmai, tale personaggio immaginario, fosse stato ideato dal genio e dalla penna del prolifico Stephen King avrebbe ottenuto, di sicuro, un successo commerciale mondiale già alla prima uscita. Invece Maurizio De Giovanni, proprio dal 2007, con questo ‘giallo’ incomincia a farsi notare ancor di più, rispetto alle sue prime opere pubblicate.

La prosa, semplice e poetica, non deve ingannare gli amanti del noir. Le atmosfere cupe di una Napoli spettrale, anche come metafora del periodo storico, rimandano ai grandi autori del genere. Le descrizioni dei luoghi e dei personaggi sono racchiusi in piccoli capitoli che fungono da altrettante piccole scene, in cui De Giovanni sembra il narratore fuori campo, di un lungometraggio o di una, non più improbabile, serie televisiva che giungerà sulla Rai verso la fine di questo anno ed interpretata dall’attore Lino Guanciale.

L’elemento del soprannaturale non è fine a sé stesso ma è parte integrante della trama, prima, e dell’indagine, poi, che tengono incollati dall’inizio alla fine. “Il senso del dolore” è il primo di quattordici romanzi, più un racconto, pubblicati tra il 2006 ed il 2019. Leggerlo significa entrare in una Napoli diversa, lontana dal classico stereotipo che la identifica da decenni. Una città in cui, secondo lo scrittore, si può giocare a piacimento; fantasticando, esulandola dai classici pregiudizi che da decenni l’accompagnano. Come un perfetto set cinematografico hollywoodiano immaginato e realizzato su carta.

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