Pubblicato nel lontano 1965, il singolo fu un incredibile successo di Barry McGuire

A ‘La canzone del lunedì’ si può parlare di un 45 giri? Domanda, questa, un po’ criptica per le nuove generazioni le quali, forse, non sanno neanche cosa è o quantomeno non lo hanno mai visto in funzione. Al di là di questo, cerchiamo di sfatare questo mito in negativo rivolto ai giovani; considerando il fatto che, usando molto di più degli adulti o comunque rispetto a quelli cosiddetti meno giovani, internet, sarebbe alquanto strano che non riescano a scoprire cosa sia mai tale strumento musicale? Certo, che lo sanno e il motivo di questa strana e particolare apertura del nostro presupposto fonda le radici da una radicale eccezione rispetto ai canoni che vi abbiamo abituato in questi anni attraverso questa rubrica.

Un’eccezione che si presentò già durante lo scoppiò della guerra in Ucraina e che, dopo la pubblicazione dell’articolo mediante la rubrica ‘Parole Schiette – Le Inchieste’, vi avevamo solamente accennato. Se, dunque, l’anno scorso alcuni lunedì furono improntati sulle canzoni del periodo relativo alla guerra del Viet-Nam, solo per oggi, in occasione della drammatica situazione in Terra Santa, ci soffermiamo su un singolo in particolare, il quale presta il titolo, appunto, ad un 45 giri uscito nel lontano 1965.

Si mormora, anche, che quello stesso titolo, del 45 giri s’intende, venne usato anche per promuovere addirittura anche un 33 giri. Ma di questo ne parleremo più avanti. Oggi, vogliamo raccontarvi la storia non tanto di un autore, quanto appunto di un singolo, non proprio uno dei tanti, che è stato, forse, quello più riproposto insieme ad un altro capolavoro firmato in quegli anni da Bob Dylan, ‘Blowin in the wind’.

E lo facciamo convogliando non solo la rubrica ‘La canzone del lunedì’, ma anche ‘Retrospettive in musica’ e, appunto, ‘Il disco del lunedì’, perché, comunque, un 45 giri è pur sempre da considerare un disco, seppur solamente composto da due brani. Comunque, no, infatti. Non stiamo parlando del menestrello del Minnesota ma di Barry McGuire, un cantante statunitense rock e folk.

In quel 1965, quando ormai il conflitto in Viet-Nam stava entrando nella fase più acuta dell’escalation, MacGuire divenne protagonista sulla scena musicale di una canzone, per molti di protesta, per noi, invece, molto, ma molto attuale, soprattutto grazie al titolo e che si fa strada come un’ombra pronta a materializzarsi da un momento all’altro, senza alcuna via di scampo. Il titolo della canzone, nella sua essenza, è semplicemente inquietante: Vigilia della distruzione, meglio conosciuta in lingua originale come ‘Eve of Destruction’.

Oltre a questa celeberrima canzone, però, in quel minuto disco che funzionava grazie ad una semplice puntina, posta tra i piccoli solchi dello strumento circolare, venne incisa anche un’altra canzone dal titolo lungo e di cui, molto probabilmente, quasi nessuno si ricorda veramente: What exactly’s the matter with me. Una ballata rock, ma dal sapore molto country e dal retrogusto anche un po’ amaro, come si stavano profilando un po’ quei mitici anni ’60; nonostante tutto e con temi più personali e non tanto universali.

Amari a partire da una data in particolare e, senza troppi giri di parole, proprio dall’acuirsi, giorno dopo giorno, settimane dopo settimane e mese dopo mese, proprio dal conflitto in Vietnam e non solo. Le proteste per i diritti civili e, appunto, contro la guerra sembrava il punto di non ritorno iniziato con l’assassinio del Presidente Kennedy il 22 novembre del 1963, ecco la data a cui stavamo facendo riferimento, e proseguito da altri due omicidi illustri: quello di Martin Luther King e di Bobby Kennedy nel 1968.

Ritenuta da molti, per antonomasia, una canzone di protesta, ‘Eve Of Destruction’ rappresenta un chiaro ammonimento in relazione ad una vicina apocalisse che sta per giungere senza possibilità di scampo. In effetti, paragonando quel periodo storico ad oggi la sensazione è la stessa.

Se comunque il testo, scritto da P.F. Sloan, era concentrato su quello che succedeva nel sudest asiatico, le rivolte pacifiche e non delle varie comunità afroamericane, le proteste contro la guerra in Vietnam e la paura di un possibile conflitto nucleare viene, effettivamente da pensare che qualcosa di catastrofico sta per arrivare nell’immediato. Come anche in questa epoca tra guerra in Ucraina e l’ennesimo conflitto tra gli israeliani ed i palestinesi.

A differenza di quanto si potrebbe pensare, la versione che ascoltiamo ininterrottamente da diversi anni di ‘Eve of destruction’ è in realtà un demo. Una versione che, nei fatti, doveva essere solamente provvisoria. Ciò che accadde, invece, fu abbastanza singolare nella sua essenza. Una volta registrata, lo stesso Barry McGuire pensò di inciderla nuovamente rendendola più ascoltabile nelle radio.

Un deejay si ritrovò per le mani la registrazione e una volta ascoltata intuì che la canzone era già perfetta così com’era rendendola popolare. A quel punto, dopo che inizialmente fu proposta ai The Birds o addirittura anche ai ‘Turtles’, McGuire fu l’unico ad intonarla in stile Bob Dylan, superando, per certi versi, il maestro. Perché difatti ‘Eve of Destruction’ sembra quasi effettivamente ideata dallo stesso menestrello del Minnesota.

Lo stesso McGuire ricevette gioie e dolori per questo brano. Partiamo dai cosiddetti dolori: essendo un singolo dal testo molto forte, fin troppo diretto con dei riferimenti di attualità per l’epoca ed è essendo bollata, fin da subito, come canzone di protesta ‘Eve of destruction’ venne bannata in Inghilterra, attraverso la Bbc e anche negli Stati Uniti d’America, ma attenzione: solamente in alcuni stati degli Usa.

E le gioie? Ovviamente, facciamo riferimento al successo riscontrato durante i primi passaggi radiofonici e come, il brano, venne accolto anche nelle classifiche. Accoglienza condizionata, è sempre bene precisare, a causa delle problematiche sorte in base ai temi trattati. Tant’è che per un po’ scomparve dai radar della Billboard Hot 100, per poi riapparire dall’anno 1970.

Il suo messaggio, universale e non veicolabile attraverso nessuna influenza politica, ma solo in via del tutto generale, ha conquistato milioni di generazioni. Molti artisti, nel corso dei decenni, si sono cimentati nel proporla nelle loro rispettive e personali cover di cui una in particolare sarà analizzata la prossima settimana o al massimo fra due.

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