Dopo aver dominato l’intera stagione vince meritatamente il terzo scudetto della sua storia

Alla fine, il destino ha voluto una terza data. Non una che cadesse a distanza esatti dal primo o dal secondo trionfo nazionale. Il destino ha deciso per la sera del 4 maggio del 2023. Il Napoli, dunque, dopo trentatré lunghi anni ottiene la sua terza consacrazione nel campionato italiano, laureandosi campione d’Italia dopo gli scudetti vinti il 10 maggio del 1987, il primo, e il 30 aprile del 1990, il secondo. Soprattutto questo secondo giorno si stava per ripetere proprio domenica scorsa se Dia, il calciatore della Salernitana, non avesse guastato in parte la festa che si doveva tenere al Maradona.

Diciamo in parte che l’errore è stato nel farsi trovare impreparati durante una delle palle gol in favore degli amaranto da parte dei difensori napoletani o comunque quelli che erano tornati in copertura come l’asso nigeriano, Victor Oshimen. Poco male, perché comunque il trionfo era scritto da tempo, mancava solamente la matematica certezza di quando si poteva annunciare ufficialmente questa vittoria sperata e attesa da un trentennio a questa parte.

Una cavalcata lunga quasi dieci mesi, considerando la pausa relativa ai Mondiali di calcio in Qatar. Una cavalcata iniziata nel mese d’agosto e che ha sorpreso tutti, ma proprio tutti gli addetti ai lavori e tifosi che amano il calcio e non solo. Compresi anche quelli che sono i diretti interessati, i tifosi napoletani. In fondo, nessuno se lo aspettava, nessuno ci avrebbe messo la firma all’indomani della cessione di quelli che rappresentavano i pezzi pregiati della rosa come Lorenzo Insigne, Koulibaly, Mertens e tanti altri.

Sono giunti, all’ombra del Vesuvio, giocatori un po’ sconosciuti, altri che non rappresentavano delle prime scelte e altri ancora che avevano, comunque voglia di misurarsi in quella che era di fatto una vera e propria sfida. Si pensi al georgiano dal nome impronunciabile, Karavskhlia, a Giacomo Raspadori, al figlio d’arte Giovanni Simeone, alla rinascita di Mario Rui, al motore del centrocampo Lobotka, ai mastini del centro del campo come Anguissà e Dombelè.

Si pensi all’estremo difensore Meret, il quale, durante le prime stagioni, non gli si attribuiva una grossa fiducia e invece prende l’eredità di Claudio Garella e di Giuliano Giuliani, i due portieri dei due storici scudetti. Si potrebbe dire che con oggi l’epoca della frase: ‘se ci fosse Maradona sarebbe diverso…’ di fatto è in parte finita.

È naturale considerare che il ricordo delle gesta sul campo, delle magie impossibile che ha regalato il Pibe De Oro non morirà mai, ma con questa vittoria e molto probabilmente l’apertura anche di un nuovo ciclo vincente che determinerà, forse, gli eventuali paragoni tra quell’epoca e questa che ancora deve passare alla storia della sua completezza.

Ciò non di meno questo terzo tricolore è arrivato, comunque, tra lo scetticismo generale di tanti che non credevano che i nuovi acquisti fossero, da subito, pronti per un’impresa del genere. Artefice di quello che si può definire ‘il miracolo napoletano’ è l’allenatore Luciano Spalletti. Forse, di quello che poi sarebbe successo in seguito, si aveva già avuta un’avvisaglia durante la trasferta di Milano, contro i rossoneri.

L’incornata vincente e negli ultimi minuti finali di Giovanni Simeone era solo l’inizio. Come anche il gol all’ultimo minuto di Raspadori contro lo Spezia, dopo un match che stava diventando complicato fra le mura amiche. Questi sono solamente due segnali inequivocabili che mostrava un Napoli diverso, maturo, attento, paziente, con una fitta ragnatela di passaggi che parte dal basso. La famosa costruzione dal basso che ha dato tanto alla Spagna, alla nostra Nazionale Italiana di calcio e, appunto, ai ragazzi di Spalltti.

Per non dimenticare alcuni matches terminati a goleade e non come sporadici episodi, no. Goleade che si sono ripetute quasi ogni domenica, come a voler sottolineare che i nuovi padroni del campionato siamo proprio noi, che è arrivato dopo tanto tempo finalmente il nostro turno. Un momento, forse, che era già vicino nell’ultima stagione di Maurizio Sarri, quella terminata amaramente con lo scudetto perso nell’albergo di Firenze.

Una vittoria, tanto attesa dunque, che è stata anche un po’ sporcata non solo per i soliti striscioni o comunicati di alcune sedicenti tifoserie che avrebbero affermato che in casa loro i tricolori appena conquistati di una certa squadra non vengono fatti festeggiare.

Ma si sono messi anche i tifosi della Salernitana i quali, dopo comunque il meritato pareggio al Maradona, avrebbero addirittura inscenato il funerale dello stesso scudetto napoletano. Vanno bene gli sfottò, le prese in giro, le goliardate ma quando si inizia ad intimare che non si vuole la festa di alcuni tifosi è come non accettare, a priori, il verdetto sul campo solo perché viene da una realtà bistrattata, da sempre, per altre dinamiche sociali.

Forse anche in quest’occasione si userà l’espressione che venne ripetuta più volte in quella lunga estate di giubilo del 1987: il riscatto di un popolo. Diciamo, forse. Perché a Napoli, rispetto a quegli anni molto è cambiato. Molto sicuramente è ancora da cambiare, ma la città ha saputo gestire ancora di più questa incontenibile euforia tenendola con sé, parsimoniosa, partita dopo partita, mostrando una nuova mentalità per tutto il campionato. Di ciò ne ha giovato anche la squadra stessa.

Ciò non significa che non ci sia stato un crollo, se non proprio totale, ma un calo c’è stato. Dal 4 a 0 subito in casa ad opera dei rossoneri i partenopei sono comunque entrati in momento di difficoltà, non riuscendo a chiudere con largo anticipo la pratica e sarebbe stato un vero e proprio record; nonostante gli oltre venti punti di distacco dalle inseguitrici.

La forza della squadra, comunque, si è vista: dal punto di vista psicologico in tutta la stagione riuscendo ad affrontare i momenti più bui e più difficili che si presentava in ogni partita. Non si sa quanto effettivamente questo ciclo possa durare. Si sa solamente che il Napoli, dopo tanto penare, è tornato dove meritava a distanza dall’ultimo Maradona e per adesso, l’importante, è godersi la festa è basta; senza aggiungere nulla di più. Anzi basta solamente ripetere: Napoli, Campione d’Italia e fare tanti complimenti al Presidente Aurelio De Laurentiis.

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