I suoi primi anni di vita e la brutta esperienza ai filodrammatici di Milano

La sera del 24 febbraio del 2003, giusto venti anni fa, se ne andava un mito del cinema italiano. Forse no, è troppo riduttivo per uno come lui. Semmai sarebbe giusto identificarlo come la storia del nostro grande schermo. Si, molto probabilmente va meglio così. Eppure, per tutti è stato un grandissimo come attore, ma anche in questo caso sarebbe, oltremodo, ancor più riduttivo. Lui, che nella sua gloriosa carriera, è stato tante altre cose, come per esempio: un regista, uno sceneggiatore, un compositore, addirittura cantante e, ancor più sorprendente, anche un doppiatore. Quasi sicuramente pochissimi sanno che una delle due voci del celebre e leggendario duo comico Stanlio e Ollio era la sua. Precisamente di Oliver Hardy.

Nonostante c’è una foto a corredo di questo articolo, non diciamo ancora il suo nome perché in verità non capita tutti i giorni di parlare di lui e di presentarlo come se fosse ancora tra noi, anche se non è così. Si, proprio di colui che dal dopoguerra ad oggi ha rappresentato, in tutto e per tutto, l’italiano medio sul grande schermo. Lo ha rappresentato con tutti i suoi vizi e con tutte le sue virtù. Stiamo parlando di Alberto Sordi.

Se ne andò, dunque, venti anni fa, quando ormai dalla vita aveva ottenuto tutto quello che voleva in ambito professionale e non solo. Nato a Roma il 15 giugno del 1920, esattamente nel quartiere Trastevere, da un professore di musica polistrumentista, nonché titolare della tuba contrabasso dell’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma, Piero Sordi, e da un’insegnante di scuola elementare, Maria Righetti.

Era l’ultimo di quattro figli. Due sorelle, Savina e Aurelia, e dal fratello Giuseppe. Prima che nascesse lui, nel 1919, nacque in famiglia un altro bambino che, per puro caso, venne chiamato Alberto. Purtroppo, il neonato morì dopo pochissimi giorni di vita. Chissà come sarebbe stata la storia del cinema se non fosse mai nato l’Alberto che abbiamo conosciuto?

Ma su questo, sinceramente, non abbiamo proprio voglia di andare ad indagare, per non dire speculare. L’unica cosa che c’è da sapere in merito a questo dettaglio privato sulla sua vita è che, allo stesso Sordi, non piaceva essere chiamato ‘Albertone’, perché sapeva da dove derivava quel nome che gli era stato attribuito nel giorno della sua nascita

Ci basta solamente riprendere il discorso su cosa è stato Alberto Sordi per tutti noi. Non solo un grande attore, ma l’emblema del cinema italiano insieme a Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi e Marcello Mastroianni; nonché il simbolo della romanità insieme all’attrice Anna Magnani e ad Aldo Fabrizi.

La sua romanità, dicevamo. Quella caratteristica che fece storcere il naso agli insegnati di recitazione di Milano, ma che comunque non lo ostacolò all’età di soli sedici anni nella registrazione di un disco di fiabe per bambini e, oltretutto come già ricordato prima, la voce italiana di Oliver Hardy.

Nonostante ciò, i suoi primi anni di vita, Alberto Sordi, non li visse nella capitale, bensì a Valmontone, perché in realtà suo padre era origine proprio di quel paese della provincia di Roma. Inoltre, la cittadina di Valmontone è stata citata, proprio in onore al proprio padre, in due suoi due film molto famosi del decennio 1980: Il marchese del grillo e Il tassinaro.

Durante in quel periodo incominciò a mostrare qualche piccola capacità che lo avrebbe, poi, fatto contraddistinguere nei confronti dei suoi coetanei. Se all’età di sedici anni registrò il suo primo disco, seppur di fiabe, comunque riusciva anche a prendere parte, come spesso succede, alle piccole rappresentazioni teatrali in ambito scolastico. Precisamente era durante il periodo della scuola elementare.

Preso coscienza delle proprie potenzialità e proprio grazie al ricavato delle vendite del disco, Alberto Sordi volò a Milano, iscrivendosi all’accademia dei Filodrammatici. Durante questa esperienza, purtroppo, non andata a buon fine, fu protagonista di un episodio che anni più tardi raccontò alla celebre trasmissione in tarda serata il Maurizio Costanzo show.

Avendo un marcato accento romano, il povero Sordi si sentì riprendere dalla professoressa di turno nel non pronunciare correttamente la parola ‘guerra’. Infatti, il futuro divo del cinema italiano, quel termine, gli usciva sempre come ‘ghera’. Accusato di non applicarsi dovette lasciare l’accademia.

Nel corso della sua giovinezza, per non dire adolescenza, Alberto Sordi effettuò anche gli studi di musica, esattamente di canto; dove eccelleva come tenore, inizialmente, e poi come basso. Ma alla fine il cinema, semmai meglio inteso come cinematografo, prese il sopravvento fra i suoi progetti futuri.

Per farsi strada nel mondo del grande schermo fece come tutti: la comparsa, ricucendosi anche un ottimo spazio come doppiatore. Oltre a partecipare in film come ‘Scipione l’Africano’, prestò la voce, qualche anno più tardi, ad uno dei personaggi del leggendario film natalizio: La vita è meravigliosa. Ma fu sempre nel 1937 che vinse un concorso alla Metro Goldwyn Mayer per essere il doppiatore di Oliver Hardy. Si può dire che iniziò ad entrare nella storia.

Ma nella sua lunghissima gavetta, Alberto Sordi ha lavorato anche in teatro e persino nella radio, in modo da affinare sempre più il suo talento recitativo. Per approfondire anche il suo repertorio e perché no, anche per cucirsi addosso quel tipico personaggio che si è sempre portato addosso e che ha proposto, nel suo percorso lavorativo, in diverse sfaccettature.

A dargli un po’ di notorietà fu la trasmissione radiofonica Gran Varietà, dove Sordi iniziò a farsi conoscere dagli italiani. Era gli anni del dopo guerra, almeno per la sua esperienza in radio. per quanto concerne l’esperienza teatrale, invece, bisogna sempre risalire all’anno 1937.

Un anno abbastanza magico, si potrebbe dire, per lui. Abbiamo usato il termine abbastanza per il semplice fatto che la sua prima esperienza con il palcoscenico non fu proprio felice. Gli andò male proprio con la compagnia di Aldo Fabrizi e Anna Fougez, per poi riprendersi le proprie rivincite, diciamo così, nella stagione 1938/1939 con Giudo Riccioli e Nanda Primavera.

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