Una seconda e nuova serie di appuntamenti interrotti ancor prima d’incominciare

Il nostro viaggio nei meandri degli Stati Uniti d’America, come avete visto, è ripreso con più convinzione; specialmente dopo l’articolo di questa mattina. Se vi ricordate era stato interrotto un po’ per la guerra e un po’ per tante altre ragioni. Ci eravamo fermati alla ferrovia sotterranea, ai tempi della schiavitù. A seguire vi avevamo raccontato il genio ribelle di John Belushi, per poi dopo un mese successivo ricordare, in modo del tutto originale, la drammatica scomparsa di Martin Luther King, con la canzone degli U2 ‘Pride’.

Poi ci eravamo fermati nuovamente sul più bello, dopo che avevamo riusciti a mutare, radicalmente, questa rubrica interamente dedicata agli Stati Uniti d’America, staccandola, una volta per tutte dalle fauci divisorie della politica. È stato quasi un modo di rilanciarla ai vostri occhi, cari lettori. Ci eravamo quasi riusciti e dopo gli articoli di domenica 28 agosto, di martedì scorso e di oggi, molto probabilmente, siamo sicuri di essere ripartiti alla grande.

In questo caso, più che un ripartire da zero è, semmai concedeteci il termine, è una sorta di ‘reboot’ da dove ci eravamo lasciati. Abbiamo ripreso a parlare delle origini di questa nazione, senza dimenticare che ci sono tante altre sfaccettature. Che esistono tante altre caratteristiche, le quali rendono grande ed affascinante questo paese, senza mai trascurare mai e poi mai il lato negativo che lo contraddistingue. D’altronde tutto il mondo è paese.

Tornando alle caratteristiche, ovvero a quegli elementi che convincono molti di noi a prendere l’aereo per andare a visitare e vedere con i propri occhi il cosiddetto sogno americano, non bisogna mai dimenticare le cosiddette highways statunitensi. Sempre dagli U2, venne pubblicata una canzone, contenuta nello storico album del 1987 dal titolo ‘Joshua Three’, che colse il senso delle autostrade a stelle strisce.

La canzone è conosciuta come ‘Where the streets have no nome’, che tradotto nella nostra lingua significa, semplicemente, ‘Dove le strade non hanno nome’. In fondo pensateci. Quante volte nei film americani abbiamo ammirato le loro strade e non solo quelle cittadine. Anche quelle che attraverso diverse miglia delle singole contee. Per non parlare di quelle che l’attraversano, che la tagliano in due.

La maggior parte di quelle lingue d’asfalto hanno una particolarità ben precisa. Da noi le strade hanno la tendenza, per non dire la prassi, di portare il nome di un personaggio famoso e non solo. Negli Usa le strade vengono indicate direttamente da un numero. Ce ne sono tante, tantissime e altrettante le conosciamo.

Per esempio, la famosa quinta strada di New York, la Highway 61, la leggendaria Route 66. Senza dimenticare altre strade che sono conosciute per il loro nome: Rodeo Drive, il Sunset boulevard e l’arteria autostradale che si dirama internamente alla città degli angeli, la Harbor Freeway.

Quasi un anno fa pubblicammo una recensione di un libro molto particolare: ‘Strade Blu’, scritto dall’indiano William Least – Heat Moon. Un testo attraverso cui lo scrittore ci prese per mano verso lungo le sconfinate miglia dell’America più profonda. Anche noi abbiamo intenzione di fare la stessa cosa o quantomeno provarci, parlandovi delle strade più famose dei cinquanta stati; considerando, soprattutto, anche il modo in cui sono nate e come si sono sviluppate nel corso dei decenni. Tutto questo e tanto altro ancora nella rubrica ‘Usa’ a partire dalle prossime settimane.

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