Le sue riforme portarono alla caduta del Muro di Berlino e alla dissoluzione dell’Unione Sovietica

La scomparsa di Michail Gorbaciov, avvenuta il 30 agosto scorso, ha riportato il mondo indietro nel tempo, di oltre trenta anni. Era il 9 novembre del 1989 quando crollò il muro di Berlino e due anni più tardi, il 25 dicembre del 1991, si dissolse definitivamente l’Unione Sovietica. La volontà da parte del Governo russo, notizia confermata proprio ieri, di non voler concedere all’ultimo segretario del partito comunista, a partire dal 1985, i funerali di stato rappresentano l’ennesimo schiaffo all’Occidente.

Molti in patria, a Gorbaciov, non gli hanno mai perdonato quelle aperture strutturali, intese come riforme, che furono prodromiche di quello che poi successe. Molte cancellerie mondiali, a partire dagli Stati Uniti, hanno salutato ed omaggiato l’ex leader sovietico con grande rispetto. Anche Vladimir Putin ha espresso qualche parola in suo onore, ma da parte dei mass media russi silenzio tombale. Solo il giornale fondato da Gorbaciov ha dato grande risalto alla notizia della sua scomparsa, avvenuta all’età di 91 dopo una lunga malattia.

Nato il 2 marzo del 1931 in Russia a Privol’noe ed era entrato in politica nel 1970 con l’elezione a Primo Segretario del Comitato del Partito nel territorio di Stavropol, dopo aver ottenuto un incarico nell’associazione giovanile Komsomol, un acronimo attraverso il quale si indicava l’unione della gioventù comunista leninista. Nel 1953 sposò la sua unica donna della sua vita, Raisa Maksimovna Gorbaceva, con la quale ebbe quattro anni più tardi la loro unica figlia, Irina Michailovna.

La sua figura è legata indissolubilmente non solo su quei due eventi ricordati all’inizio dell’articolo, ma anche e soprattutto per un duplice incontro che mutò le sorti del mondo in quegli anni e che portò alla stretta di mano con colui che rappresentava il mondo occidentale, il Presidente degli Stati Uniti d’America Ronald Reagan.

Lo stesso Presidente che il 23 giugno del 1987, proprio davanti al muro di Berlino, lo esortò con una frase che non era nemmeno prevista nel protocollo, ossia non era contenuta nel discorso che lo stesso Presidente americano doveva leggere ai presenti quel giorno: Mr. Gorbaciov, abbatta questo muro!

Non si è mai capito quanto convincente fu quella frase, sta di fatto che due anni dopo Berlino tornò ad unificarsi e con essa tutta la Germania e la sua politica, quella di Gorbaciov intendiamoci, quella voluta a partire dal 1986 con il termine di Glasnost, ovvero trasparenza, portò paradossalmente al disfacimento del regime sovietico; senza dimenticare anche la cosiddetta perestrojka.

Con trasparenza si voleva intendere di mostrare, non tanto per facciata, ma dall’interno una Russia più aperta. S’incominciava a parlare, addirittura, di iniziativa privata, in ambito economico. Le donne iniziavano ad essere maggiormente considerate in politica, nel senso che prima del suo avvento le medesime non avevano nemmeno la possibilità di avere un ruolo.

D’altronde, forse, non si sa nemmeno come fu scelto Gorbaciov. Venne selezionato dal partito dopo che il suo predecessore, Kostantin Chernenko, oscurantista del regime comunista, morì. Venne indicato con la convinzione che fosse qualcuno abbastanza tranquillo ed inoffensivo da poter continuare quello che avevano portato avanti i loro predecessori, fortunatamente si sbagliavano.

Nonostante tutta questa positività, non mancarono per lo stesso Gorbaciov non mancarono errori, dettati anche dal fatto che più di tanto non poteva neanche esporsi contro coloro che lo avevano messo al potere. Si ricordi del suo silenzio durante la tragedia di Chernbyl o, ancora, quando molte persone vennero uccise in Georgia molti mesi prima che il Muro crollasse.

Tornando a Ronald Reagan, con lo stesso leader occidentale tra il 1986 ed il 1987 sarà protagonista di due storici incontri che porteranno allo smantellamento delle testate atomiche e che verranno approfonditi il prossimo dicembre; il resto poi è storia ed è già stato ripetuto più volte in questo articolo, in questo piccolo e modesto omaggio all’ultimo grande leader di quel periodo insieme allo stesso Reagan, a Margaret Tatcher e Giovanni Paolo II.

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