FreeTopix Magazine è così. Non si getta nell’immediato nella mischia. Attende, scruta, non scrive d’istinto, lascia sbollire i cosiddetti commenti a caldo e poi riflette per ragionare a mente fredda. Si, perché su quello che è accaduto negli Stati Uniti la scorsa settimana è meglio affrontare il discorso con estrema calma. Con la foga della delusione e della rabbia del momento, purtroppo, non si va da nessuna parte. Ma era anche inevitabile che il fuoco delle polemiche divampasse dopo un secondo che la notizia si era sparsa a macchia d’olio su tutti i mass media del mondo.

La storica sentenza ‘Roe vs Wade’, entrata in vigore nel 1973, quindi ormai quasi cinquanta anni fa, e che garantiva il diritto all’aborto è stata abrogata da un’altra sentenza della stessa Corte che la pronunciò: la Corte Suprema. Una soluzione attesa da tempo, già nei primi mesi di quest’anno circolava già la bozza di questa nuova decisione che avrebbe stravolto tutto e, al tempo stesso, abrogato un diritto.

Una sentenza voluta dalla gran parte dei componenti della Corte. Una Corte molto vicina alle idee dell’ex Presidente Donald Trump, il quale aveva nominato l’ultimo giudice che andava a sostituire uno storico membro eletto durante la presidenza Clinton; venuto a mancare per cause naturali.

Vero, qualcuno potrebbe tranquillamente obiettare sul fatto che la durata della carica dei giudici della Corte Suprema è permanente. Senza dimenticare che quando sussiste un impedimento permanente oppure per morte per cause naturali. Il punto, però, è ancora un altro e forse, senza nulla togliere alla gravità che sia stato abrogato un diritto, questo particolare appare ancor più grave visto che il ‘Commander In Chief’ era ben consapevole che si sarebbe profilata una situazione di questo genere.

Invece, Joe Biden ha preferito glissare su altre questioni, comunque di estrema importanza, senza però occuparsi di questo ennesimo tema che, di fatto, sta spaccando in due il Paese. In effetti, questa sentenza è sempre stata considerata, oltre che una conquista, anche una pietra miliare nella giurisprudenza americana che nessuno si sarebbe mai sognato di andare a toccare, per non dire sfiorare.

Come ben si sa, il diritto negli Usa è caratterizzato dal Common Law, un sistema giuridico basato essenzialmente sulle consuetudini, fondato sul vincolo giurisprudenziale delle corti. La decisione della Corte Suprema ha innescato una reazione a catena in quanto, ogni singolo stato, può benissimo legiferare come meglio credere in materia, non garantendo, di fatto, il mantenimento di questo diritto essenziale. Provocando una serie infinita di aborti illegali. Alcuni Stati, che sono contrari a questa pratica, vengono definiti ‘Stati Grilletto’.

Premettendo che la ‘Roe vs Wade’ sanciva la possibilità solamente in casi estremi e dopo un periodo di tempo la pratica dell’aborto, ci sarebbe anche da affermare che questa decisione storica può essere recuperata in due soluzioni distinte e separate, anche se non proprio contemporanee.

La prima sarebbe quella di mettere in moto il Congresso da parte del Presidente degli Stati Uniti, ecco qual è stata la vera colpa di Biden, per poter redigere e approvare una legge federale che garantisce nuovamente il diritto all’aborto in tutto il territorio statunitense. Ciò significherebbe che ogni singolo Stato deve uniformare le proprie leggi a quella principale, essendo quella di posizione superiore alle leggi statali in base all’ordine delle fonti nel sistema giuridico americano. Una soluzione, questa, che dovrebbe essere messa in atto fin da subito, visto che il prossimo novembre ci saranno le elezioni di medio termine, ovvero metà mandato, in cui Biden si rischierebbe di ritrovarsi senza una maggioranza nel Congresso in modo da risolvere questa che è di fatto è una brutta gatta da pelare.

Per quanto riguarda la seconda soluzione, invece, bisognerebbe attendere un altro biennio, semmai Biden non riuscisse nell’intento. Nel senso che potrebbe arrivare di proposito una candidata forte alla Casa Bianca, quest’ultima vince le elezioni diventato la prima Presidente donna della storia degli Stati Uniti e che, a sua volta, inizi a modificare non tanto il modo di nominare i componenti della Corte Suprema, quanto di modificare la durata della carica. Così da sostituire quelli che sono presenti da un bel po’ di tempo e nominare giudici che ripristino la ‘Roe vs Wade’. In tutto questo, comunque, ci deve essere alla base una legge federale per non trovarsi più in questa situazione.  

Ma cosa ha innescato realmente questa decisione scioccante e apparentemente priva di fondamento da parte della Corte Suprema? Tutto sarebbe iniziato nel 2018 nello Stato del Mississippi, in cui sussisteva una legge, incostituzionale, che metteva al bando l’aborto dopo la 15esima settimana di gravidanza in gran parte dei casi.

Le piccole corti, quelle di grado inferiore dello stesso Stato per intenderci, hanno, di fatto, sospeso l’applicazione della legge dichiarandola, appunto, non costituzionale, innescando il ricorso alla Corte Suprema la quale, purtroppo, si è espressa attraverso sei voti favorevoli e tre contrari, stabilendo che non sussiste effettivamente una norma che sancisce e garantisce il diritto d’aborto negli Stati Uniti, in ambito costituzionale.

Paradossalmente la Corte Suprema ha agito rispettando nella sua essenza la Costituzione statunitense, nella quale non c’è alcuna traccia di una norma o comunque un principio che garantisca questo diritto. In effetti è come se il cosiddetto Potere Giudiziario avrebbe inviato, per non dire sollecitato, il Potere Legislativo a muoversi in tal senso in tale senso; rispettando, così, la teoria secondo cui la Costituzione deve adottata nel modo voluto dai Padri Fondatori. Un’adozione integrale quindi e che non prevede, dunque, una tutela al diritto all’aborto.

In effetti, questa situazione paradossale la si può considerare come una fortissima contraddizione all’interno del sistema giuridico americano.

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