Abbiamo aperto così, con una delle tante introduzioni dell’attore comico Garrett Morris, semisconosciuto in Italia per aver partecipato alla serie televisiva ‘Hunter’ come informatore del protagonista. La trasmissione era il Saturday Night Live, e Garrett dava il benvenuto, quasi come un classico predicatore battista di una chiesa protestante e in pompa magna, ai Blues Brothers. No, non era la loro prima apparizione. In quell’occasione eravamo nell’anno 1978 e quindi nella quarta stagione del programma diventato ormai storico, per non dire leggendario.

Quella sera, in quella puntata, John Belushi, con il suo inseparabile amico e collega Dan Aykroid si esibì in una versione moderna del brano ‘Soul Man’ rimasta, ancora oggi, nella storia dello spettacolo in generale. In quel momento c’era tutto: intrattenimento, tanta musica e quell’irriverenza che l’attore di Chicago si portò sempre con sé.

Durante quella performance si può notare tutta la sua energia, tutta la sua carica esplosiva che sembrava non avere mai fine. Sembrava, già. Perché il 5 marzo del 1982, giusto quaranta anni orsono, l’attore di Chicago, dalle origini albanesi, si spense a soli trentatré anni per overdose di droga. Da allora nacque il mito di un uomo che prima di diventare tale, prima di essere tale, era, nella sua essenza, un personaggio al quale l’uomo non si era mai riuscito a staccare.

Questo speciale è interamente dedicato a lui, sulla sua breve ma intensa vita e, soprattutto, alla sua fulminea carriera per i motivi che vi abbiamo detto e che non lo fece apparire come una meteora agli addetti ai lavori, agli occhi dei suoi colleghi e amici e soprattutto, per tutti quelli che sono venuti dopo di lui e che hanno cercato, in piccolissima parte, di essere folle ed autentico come lui. Ancora oggi è considerato come un punto di riferimento, per non dire un mito e una leggenda al tempo stesso. Un’icona, insomma.

Non era solo un comico, non era solo un attore o imitatore, non era solo un bluesman, come amava definirsi. Era tutte e tre queste cose. Le sue uscite al Saturday Night Live hanno fatto epoca, le sue imitazioni, geniali e al limite del dissacrante, gli avevano fatto attirare le attenzioni dei grossi produttori e registi cinematografici. La sua fine, per quanto fu di fatto un duro colpo, non era poi così inaspettata.

La sua stravaganza e, molto probabilmente, la sua incapacità di gestirsi nel mantenere quei frenetici ritmi di lavoro lo fecero deragliare già prima di aver iniziato un percorso professionale. Si disse che John Belushi, quando morì, non dormiva da quarantotto ore consecutive.

Si disse che non s’iniettò al braccio la dose fatale, ma fu un’attrice in particolare e si disse anche al momento della sua morte era presente un altro futuro genio dell’intrattenimento televisivo e della settima arte: Robin Williams. Che epoca che era quella di metà anni ’70 e d’inizio anni ’80. Quanti talenti che c’erano in quelle prime edizioni del Saturday Night Live.

Non solo John Belushi e Dan Aykroid, ma anche Chevy Chase, il già citato Robin Williams e Garret Morris, Bill Murray, Eddie Murphy e tanti, tanti altri. Parlare e omaggiare John Belushi significa, allo stesso tempo, celebrare quel mondo dello spettacolo che ormai non esiste più. John Belushi di quella generazione è stato un emblema e molto probabilmente non è vissuto abbastanza per poterlo scoprire.

Per poter iniziare a comprendere il suo essere bastano due massime. La prima, una battuta diventata iconica e ripresa anche dal calciatore Gianluca Vialli: quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. La seconda, sicuramente, ancor più emblematica. Ancor più significativa in cui si descrive alla perfezione il suo modo di intendere la vita stessa: Vivi veloce, muori giovane e lascia dietro di te un cadavere eccellente.

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Oseremmo dire che quest’espressione è stata presa un po’ troppo alla lettera dallo stesso attore, protagonista, in totale, di ben 8 pellicole cinematografiche: Tarzoon – La vergogna della giungla; Animal House; Verso il sud; Old boyfriends; 1941 – Allarme a Hollywood; The Blues Brothers; Chiamami aquila e I vicini di casa.

Lungometraggi in cui solamente in pochi sembra essere stato sfruttato a dovere tutto il suo talento, la sua irruenza e la sua ironia. Nonostante ciò, il talento, quello vero, quando sussiste emerge sempre. Ed è così è stato in tutte le sue apparizioni. Impossibile pensare che sarebbe stato diversamente.

Certo, sarebbe importante stabilire quale sia stato il suo miglior film e, al tempo stesso, anche la sua migliore interpretazione. Senza andare troppo oltre scegliamo due film tra i migliori: Animal House e The Blues Brothers. Per quanto riguarda invece la sua migliore performance potremmo indicare, senza alcuna ombra di dubbio, ‘Chiamami Aquila’ e da non sottovalutare anche quella vista ne ‘I vicini di casa’. Insomma, gli ultimi due film della sua carriera; gli ultimi due film della sua vita.

In tutte queste sue avventure sul grande schermo, John Belushi, non sempre ha lasciato un buon ricordo. Non sempre è riuscito ad integrarsi con il resto del cast, soprattutto con alcuni registi. Agli stessi causava continui problemi. La sensazione era quella che la droga che assumeva, di qualsiasi tipo, gli provocava, in più di un’occasione una sorta di delirio di onnipotenza.

Nei periodi in cui fortunatamente riuscì a stare lontano da quel veleno le crisi d’astinenza non gli permisero di dare tutto sé stesso durante l’esibizione ai concerti. A quanto pare il tempo più lungo che aveva trascorso senza sniffare fu di tre mesi continuativi. E tra il 1980 ed il 1981 riprese nuovamente quella sua vecchia abitudine ma in modo alternato. Ciò non bastò per salvarsi e che forse non era nemmeno questa la sua reale intenzione.

Per conoscerlo, per cercare di farlo comprendere alle nuove generazioni appare fondamentale leggere anche gli altri due articoli, accompagnati da diversi filmati condivisi, direttamente, da youtube, in cui verrà raccontata, per ciò che è possibile, la sua incredibile ascesa nel mondo dell’intrattenimento e cinematografico.

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