Potevamo celebrare l’anniversario dell’uscita di questo album lo scorso 4 febbraio, quando erano trascorsi giusto trenta lunghi anni dalla pubblicazione. Purtroppo, quello che accadde mesi più tardi, in quel lontano 1991, ci ha fatto riflettere e decidere nello spostare le celebrazioni per questo long play direttamente in questo triste 24 novembre. Non solo, con questo album abbiamo inaugurato, ufficialmente per la seconda volta, la rubrica ‘Album Leggendari’.

‘Innuendo’, questo era il titolo dell’ultima fatica musicale di Freddie Mecury. ‘Allusioni’, questa invece è la traduzione del titolo della canzone che presta il titolo anche all’album. Un 33 giri composto da dodici tracce, di cui alcune diventate immortali, epiche e leggendarie. Una in particolare lo è diventata grazie ad un’errata convinzione alimentata in questi tre decenni, ma di questo ne parleremo più avanti in questo articolo.

Le registrazioni di quello che era di fatto l’ultimo album terreno di Freddie Mercury ebbero inizio nel 1989, due anni prima lo stesso cantante aveva scoperto di aver contratto l’Hiv; conclamatasi in aids negli ultimi dodici mesi degli anni ’80.

Il tour promozionale del precedente lavoro discografico, ‘The Miracle’, era appena terminato, ma non c’era tempo per riposarsi, ricaricare le pile e quindi lavorare, con calma, al prossimo progetto musicale. Quando Freddie capì che la sua situazione sarebbe peggiorata irremissibilmente, si decise nel ragguagliare gli altri componenti della band.

L’intenzione era quella di pubblicare quello che poi sarebbe stato ‘Innuendo’ verso la fine del 1990. Ma furono proprio le condizioni di salute del leader dei Queen che rallentarono il lavoro, facendo slittare, di conseguenza la pubblicazione del disco all’inizio del 1991. Durante tutto il 1990, e parte anche del 1989, la reale situazione del leader dei Queen era tenuta nascosta per privacy.

I vari membri della band, incalzati dai giornalisti, negarono che ci fossero dei problemi. Sempre durante quel periodo, Freddie Mercury decise di farsi vedere pubblicamente alla consegna di un premio in particolare ed è lì che le domande divennero sempre più ingombranti. Poi alla fine sappiamo tutti che lo stesso cantante rivelerà la sua reale condizione il giorno prima di cedere alla malattia, dopo aver convocato il proprio manager il 22 novembre del 1991. L’occasione a cui stiamo facendo riferimento era ai ‘Brit Award del 1990’, dove tutti videro un Freddie Mercury con i segni di una malattia che lo stava divorando giorno dopo giorno.

Veniamo, dunque, alle canzoni. Sono dodici, in tutto, le tracce che hanno composto il quattordicesimo album della band: si parte dalla già citata ‘Innuendo’ per poi proseguire con ‘I’m going slighty mad’, ‘Headlong’, ‘I cant live without you’, ‘Don’t try so hard’, ‘Ride the wild wind’, ‘All God’s people’, ‘These are the days of our lives’, ‘Delilah’, ‘The Hitman’, ‘Bijou’, ‘The show must go on’.

È inutile affermare, per non dire ricordare, che tutti i brani erano ancora sotto l’influenza della sonorità degli anni ’80. Cinque delle dodici canzoni che compongono questo straordinario long play sono ritenute, ancora, oggi delle pietre miliari della storia della musica. In particolar modo una che è annoverabile, addirittura, su tre tipi di rock. Quello progressivo, quello cosiddetto ‘art’ e il comune hard rock. Un brano che viene ancora identificato come la ‘Bohemian Rapsody’ degli anni ’90, e non era facile ripetersi in questo caso, ovvero il singolo che presta il nome a quella che era, un tempo, una raccolta di canzoni inedite: Innuendo.

Più lunga della stessa canzone compresa in ‘Night at Opera’, sei minuti e mezzo contro i cinque minuti e cinquantasette secondi; e con una costruzione musicale che a tratti sembra fondersi con il ben più conosciuto ‘Bolero’, per poi mostrare successivamente il contrario. ‘Innuendo’ fu il primo singolo estratto dall’album, 14 gennaio del 1991, e fungeva da apripista per tutti gli altri singoli compresi nel disco.

In quell’occasione la canzone rappresentava una novità assoluta, un qualcosa di mai sentito prima d’ora e che confermava le capacità innovativa della band. Ciò vale anche per il video, realizzato con dei modelli in plastilina, in alcune scene, e altre di meri filmati di repertorio. Fu proprio quest’ultimo elemento a provocare alcuni problemi alla band. Difatti in alcuni momenti si potevano distinguere, nitidamente, alcune immagini relative alla Guerra del Golfo scoppiata in quel periodo.

A causa di ciò, lo stesso video non venne lanciato nei vari network americani di quel periodo. Dopo l’uscita della seconda versione, ovvero senza le immagini della guerra, le immagini di ‘Innuendo’ ottennero molti passaggi televisivi.

Nonostante le canzoni siano una bella carica di adrenalina, nonostante si ascolta dall’inizio alla fine senza un brano che possa stonare con la selezione delle canzoni prodotte, si potrebbe pensare ad un long play leggero. Invece no.

Tutte le canzoni, in un modo o nell’altro, avevano un testo che facevano indirettamente riferimento alle reali condizioni del cantante. La seconda traccia dell’album, I’m going slithly mad, molto probabilmente è quella più significativa. I versi, chiaramente ironici, nascondono nella sottotraccia una forte malinconia di una persona che sta perdendo forza nel proprio fisico, fino a perdere la testa. Infatti, il titolo tradotto significa: sto diventando un po’ matto.

Anche la potente ‘Headlong’ non fu esente da questa brutta situazione, per poi arrivare a quella che, erroneamente è stata sempre considerata come il testamento di Freddie Mercury: The show must go on. Scritta da Brian May, il brano racconta l’immane sforzo del cantante nel continuare a fare il suo lavoro.

‘Innuendo’ divenne un successo mondiale, raggiunto ancor di più subito dopo la morte di Freddi Mercury. Un successo diventato immortale che conquistò quattro dischi d’oro e ben nove dischi di platino.

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