È possibile essere attore e allo stesso tempo non sentirsi divo? Si, che è possibile. Se ti chiami, in modo particolare, Gianfranco Gallo. Un nome sinonimo di teatro, un cognome che riporta indietro nel tempo, che ci riporta alla musica napoletana, un cognome che ci ricollega subito a Massimiliano Gallo, suo fratello. Entrambi figli, appunto, di uno dei più importanti rappresentanti della canzone partenopea: Nunzio Gallo, venuto a mancare nel 2008. Una carriera, quella di Gianfranco, che si è sviluppata prima in teatro e poi, in un secondo momento, con il cinema e la televisione.

I più attenti lo ricorderanno sicuramente nella serie di ‘Gomorra’, tra il 2016 ed il 2017. Della suddetta serie in questi giorni sta andando in onda l’ultima stagione. Non solo, ha fatto diverse apparizioni televisive come in ‘Don Matteo’, ‘Un posto al sole’ e l’ultima è in ‘Luna Park’. Sul grande schermo citiamo qualche titolo: ‘Pinocchio’, ‘Ricchi di Fantasia’, ‘School of Mafia’, ‘La Kryptonite Rossa’ e tanti altri.

Ma il teatro, nel suo percorso professionale, rappresenta il suo ambiente naturale; dove si è riuscito ad imporre e grazie al quale, proprio quest’anno, sta festeggiando i suoi quarant’anni di carriera. Abbiamo avuto il piacere d’incontrarlo durante le prove di un piccolo spettacolo e lui si è concesso alle nostre domande.

E’ naturale, per non dire scontato, che la conversazione con il grande interprete di tante commedie inizi proprio da questo traguardo, da questi 40 anni di carriera che non sempre vengono raggiunti facilmente.

“Ma gli inizi sono stati bellissimi perché io ho debuttato con Roberto De Simone, quando Roberto aveva da poco creato la sua opera, che era la Gatta Cenerentola, io ho iniziato nell’81 con lui, mi sono trovato nel suo momento di successo. Non appena sono stato scritturato con lui ho fatto una tournée incredibile: Germania, Francia, Messico, Svizzera. Quindi mi sono ritrovato a 20, 21 anni in una situazione più grande di me. Quello è stato un momento bellissimo, formativo perché ho conosciuto, secondo me, uno dei geni del teatro italiano, non solo napoletano, con il quale poi sono rimasto tre anni. Poi i momenti belli sono tutti quelli in cui ho deciso le cose mie da solo, scrivendo i miei testi, commedie. I momenti belli sono quelli delle prime, quando tu scrivi anche, e tu stai a sentire come il pubblico reagisce. Ogni volta che è successo questo, devo dire spesso, è stato bellissimo ed è ancora bellissimo”.

Se molti lo hanno visto solo come attore, nel cinema e nelle fiction italiane, Gianfranco Gallo è anche un drammaturgo. Di commedie ne ha scritte tante e in questa occasione cerchiamo, in realtà, di scoprire qual è stato il suo primo copione che ha realizzato.

“La prima commedia che ho scritto non l’ho mai portata in scena. Si chiamava ‘Nozze D’argento’, perché mio padre e mia madre facevano i primi anni di matrimonio. Scrissi questo atto unico, a penna, che non ho mai più trovato. È quella è stata la prima cosa che ho scritto. Ma la prima cosa che ho scritto è stata ‘Fratelli d’Italia’, che era uno spettacolo che feci la prima volta dove presi in compagnia mio fratello con me. Era il 1988 quando lo scrissi e lo scrissi per lui e lo facemmo al Teatro Diana di Napoli, insomma quello è stato il primo”.

Attraverso queste parole, Gianfranco, non solo ci svela una curiosità, che forse conoscono in pochi, ovvero che la prima sua commedia la scrisse in onore dei suoi genitori; ma ci anticipa una domanda che, sicuramente, potrebbe essere vista, anche questa a metà tra scontata e doverosa, ovvero quante volte lui e il fratello hanno condiviso il palcoscenico:

“Quante? Beh, bisogna dire che dopo Fratelli d’Italia io, con mio fratello, ho fatto molto cabaret. Abbiamo fatto la Rai, Francesca da Rimini, molte commedie mie. Per lo meno cinque o sei e siamo rimasti una decina d’anni insieme”.

Anche a lui rivolgiamo la fatidica domanda: se nella sua carriera ci fosse stato qualcosa che non avrebbe più rifatto. Lui ci risponde tra l’ironico e il serio:

“Ma forse tutta la carriera, ero iscritto a giurisprudenza e mi mancavano undici esami. È un lavoro che toglie tutta la vita. Fai una vita sacrificata, perché devi sacrificare tutto quello che fai. Almeno io non riesco a fare l’attore a metà, l’artista metà. Cioè io non smetto mai di lavorare. È un lavoro che all’inizio ti piace molto ed è difficile rinunciare anche quando potresti, per cui non faccio una vacanza da dieci anni. Non è che sto male, va bene. Ripensandoci, poi, la vita è una e quindi forse farei altro”.

Nel dialogare gli poniamo una domanda che sembrerebbe stupida, quasi inutile, ma che ha un senso: quella di distinguere la recitazione teatrale da quella cinematografica. Con lui si scopre che:

La recitazione è una con vari modelli espressivi a seconda dei mezzi. Tra tv, cinema e teatro cambiano le distanze. Cambia quello che fai d’attore. Sappiamo che nel teatro ci sono le ultime file dove tu puoi esagerare con i gesti. La televisione è più contenuta perché ha gli spazi molto piccoli e il cinema è fatto di primi piani. Quindi se fai troppo non va bene per cui… diciamo che la recitazione è una e devi saper recitare innanzitutto, poi adattarti ai vari mezzi che usi”.

Alla fine, torniamo al punto di partenza. A quella peculiarità dell’anti-divismo che rappresenta più una rarità nel mondo dello spettacolo. Alcuni sono addirittura assuefatti da tale concetto, da tale status che lo elegge ad un rango elevato rispetto ai comuni mortali. Gianfranco Gallo da par suo non è di questo avviso:

Perché vedo in giro troppo divismo inutile, troppi red carpet nelle stanze di casa loro. Cioè se viene presa in modo divertente, mi è capitato a Venezia un paio di volte, però io rido mi diverto. Ma vedo i miei colleghi che ci credono veramente. Il migliore non esiste”.

Nella sua lunga carriera quarantennale, Gianfranco Gallo, ha conquistato diversi premi inerente anche alla sua attività sia di autore che attore di cortometraggi come quello ottenuto nel 2007, per il corto ‘La gamba di Diego’, al Festival del corto sociale Nickeolodon di Spoleto. Nel 2018 e nel 2019 vince il Festival Internazionale di Manfredonia, sempre nella sezione dei ‘corti’.

FOTO DI VINCENZO PEPE

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