Robin Williams il 21 luglio avrebbe compiuto 70 anni. Chissà come avrebbe trascorso questo particolare compleanno? Se non se ne fosse andato in quel modo, l’11 agosto del 2014, quante altre pagine di storia del cinema ci avrebbe regalato? Parlare di lui non è mai facile, specie se bisogna descrivere la sua versatilità nei ruoli che ha ricoperto sotto la scritta ‘Hollywood’.

Ruoli particolari, di personaggi speciali e fuori dal comune, che non sembrassero esistere veramente, ma solamente inventati, creati ed elaborati nella sua incredibile capacità di improvvisare. L’improvvisazione era il suo vero dono naturale e fondamentale per la sua lunga carriera. Quando morì i suoi fans, che lo avevano seguito da una vita e le altre stelle dello ‘Star System’, rimasero sconvolti per il modo in cui era passato a miglior vita: suicidio. Impensabile per uno lui.

Così lo definì Sylvester Stallone durante l’anteprima del suo terzo capitolo dedicato ai ‘Mercenari’, una volta che la notizia della morte di Robin Williams si era sparsa. Un misto di incredulità e di tristezza per un uomo, per quell’uomo che aveva fatto sorridere tutti e non solo.

Lo speciale che abbiamo preparato è composto da diversi articoli. Questo articolo introduttivo e alcune recensioni o articoli su alcuni suoi film. Ma non si può iniziare se almeno non si spende qualche parola sui suoi esordi.

Basterebbero due titoli: il Saturday Night Live e Mork Mindy. Eppure si potrebbe dire che qualcosa è stato dimenticato, qualcosa non è stato ricordato in pieno. Perché se è vero che la sua brillante carriera ha avuto inizio con il Snl verso la fine degli anni ’70, è pur vero che il suo esordio in tv avvenne con il personaggio di Mork. Ma non nella serie tv omonima. Guardate il video:

Si, proprio così: esordì nella mitica serie televisiva ‘Happy Days’, duettando con l’iconico personaggio di Arthur Fonzarelli, interpretato da Henry Winkler. La serie di ‘Mork & Mindy’ venne prodotta tra il 1978 ed il 1982. Ebbe un successo travolgente in tutto il mondo, grazie alla vena recitativa dello stesso Williams e resa ancor più indimenticabile grazie alla sigla italiana cantata da Bruno D’Andrea. In quell’occasione l’attore americano veniva doppiato dal grande Oreste Lionello. La voce storica italiana, una sorta di marchi di fabbrica, arrivò in un secondo momento.

La carriera cinematografica di Robin Williams è composta da ben 61 pellicole sul grande schermo. I titoli più importanti sono stati: Good Morning Viet-Nam, 1987; L’attimo Fuggente, 1989; Cadillac Man e Risvegli, entrambi del 1990; Hook – Capitan Uncino, del 1991; Mrs. Doubtfire, del 1993; Jumanji, del 1995; Will Hunting – Genio Ribelle, del 1997; Al di la dei sogni e Patch Adams, del 1998; L’uomo bicentenario, del 1999; One Hour Photo ed Insomnia del 2002. Stranamente per quattro volte venne nominato alla statuetta d’oro e la riuscì ad ottenere una sola volta, nell’edizione del 1998 per ‘Will Hunting – Genio Ribelle’. Chissà perché uno come lui solamente uno? Forse perché i suoi ruoli erano di personaggi che rappresentavano una vera e propria spina nel fianco del sistema?

Le improvvisazioni, come detto, sono state, per tutta la sua lunga carriera, il vero ed indiscutibile marchio di fabbrica. Era difficile stargli dietro durante il doppiaggio. Oreste Lionello, come detto fu il primo, durante la serie televisiva appena citata. Il secondo, quello storico, è stato Carlo Valli. Un bravissimo doppiatore italiano che, nei suoi doppiaggi, non sempre è riuscito a tenergli testa:

Avete notato bene? Ad un certo punto la voce di Valli scompare per lasciar spazio a quella originale dell’attore. Ma di esempi e scene relative alle sue irripetibili improvvisazioni ce ne sono e non basterebbero per un solo articolo. Forse un domani si potrebbe organizzare un vero e proprio ciclo di articoli interamente dedicati a lui. Chissà. Ma per capire quanto fosse difficile ingabbiarlo nei classici schemi di un copione guardate quest’altra scena e badate bene all’immagine:

Spero che avrete notato che dopo la battuta di Robin Williams l’immagine inizi a traballare. No, non è un difetto della pellicola o di montaggio. Semplicemente: la battuta non era prevista nel copione e chi stava dietro alla telecamera, per riprendere la scena, non riusciva a controllarsi nel ridere.

Come detto parlare di lui non è stato semplice e molto probabilmente non lo sarà mai. Dedicargli un solo articolo non basta, non importa di quante parole possa essere composto. Quasi sette fa ci lasciava uccidendosi per diversi problemi personali, che non verranno mai riportati in questa sede. Di lui rimangono, oltre alle risate che ci ha fatto fare, anche i momenti riflessivi, toccanti e drammatici. In questo speciale abbiamo parlato anche della sua città: Chicago e, sempre questo speciale, rimarrà pubblicato fino all’11 agosto.

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