Negli anni tra le due guerre mondiali, nel contesto delle dinamiche futuriste, si sviluppa la Aeropittura, un’esperienza creativa in cui si esaltano la velocità ed il bisogno di superamento dei limiti

Si datano ad un secolo, ormai, le prime intuizioni artistiche della considerazione del rilievo che poteva avere in pittura la prospettiva del volo, intuizioni  che si affermano da quando, in particolare, Marinetti pubblica il suo “romanzo” dal titolo di “Le Monoplan du Pape” (scritto in Francese nel 1912, poi tradotto nel 1914) e da quando vede la luce il “Manifesto dell’Aeropittura” nel 1929.

Il volo non poteva sfuggire all’attenzione futurista, e tutti i più importanti esponenti di questa temperie culturale si rendono protagonist di una produzione di assoluto interesse, che può contare i nomi di pittori come Dottori, Fillia, Tato, Tano, D’Anna, Prampolini, Delle Site, Buccafusca ed altri.

L’Aeropittura, a ben guardare, risponde in modo particolarmente significativo all’istanza futurista, giacché privilegia lo spirito di avventura e di superamento dei limiti che il movimento di Marinetti propugnava con impeto e con coraggio.

L’Aeropittura significava, inoltre, l’esaltazione della tecnica e della velocità, andando a dimostrare come questo binomio, tutto futurista, potesse trovare nella macchina volante dell’aeroplano uno strumento straordinario per liberare le energie compresse nei limiti terreni.

Eppure, proprio questo stimolo generosamente proiettivo finisce, a nostro sommesso giudizio, col rivelarsi particolarmente convincente per sostenere la nostra tesi di negazione alla prospettiva futurista del ruolo di cultura di ‘avanguardia’, confermando, piuttosto, quella sua specifica e vigorosa connotazione di estrema stagione della temperie simbolista, disponibile ad immergersi fino in fondo in quello spirito ‘fin de-siècle’ che animava le sensibilità dell’Art Nouveau, ad esempio, o della stessa ‘Secessione Viennese’.

L’Aeropittura sceglie modalità di costruzione dell’immagine che non possono essere  immediatamente riconducibili sul piano formale alle prammatiche ‘fiorite’ dell’Art Nouveau, ma non potrà sfuggire alla osservazione più attenta quanta prossimità si crea, invece, di fatto, ad esempio, tra una visione superomistica e decadentistica di D’Annunzio (anch’egli, non a caso, un entusiastico utilizzatore del mezzo aereo)  e l’aspirazione marinettiana al superamento del limite.

Detto questo, rimane da osservare quale sia stata la parabola di svolgimento delle prammatiche creative di questa intrigante branca del Futurismo; ed osserveremo, ad esempio, come occorra innanzitutto distinguere nelle prospettive d’approccio che i diversi artisti promuovono nel trattamento del tema.

Per la gran parte degli artisti che abbracciano questa nuova vocazione figurativa, la prospettiva di libertà che guadagna alla loro produzione la Aeropittura consiste nell’attingere un sollevamento del punto di vista, cosicché l’osservazione delle cose si possa rendere praticabile da una altezza che non era mai stata possibile sperimentare in precedenza.

Certo, non ci sfugge che la cultura pittorica aveva già affrontato tale tema figurativo e  qualche tentativo di ‘visione dall’alto’ era stato praticato, non senza risultati convincenti, già nei secoli passati.

Pensiamo, ad esempio, alla celeberrima quattrocentesca ‘Tavola Strozzi’ che ci lascia osservare Napoli dal mare, o alle ‘Vedute a volo d’uccello’ (pensiamo ancora una volta ad una Veduta della città partenopea, come quella ‘a quattro mani’ di Onofrio Palumbo e di Didier Barra), ma siamo con queste cose, che si scalano tra ‘400 e ‘600, ad una  rappresentazione di luoghi che il pittore può solo ‘immaginare’ di osservare dall’alto. Ciò che viene concesso all’artista, grazie all’opportunità del volo aereo, nel ‘900, è qualcosa di completamente nuovo, che consiste nello sperimentare in prima persona un punto di vista assolutamente inedito e fin qui mai soggettivamente praticato.

Non a caso, non sempre, all’interno di queste opere di Aeropittura, compare la sagoma alata dell’aeroplano e sembra quasi che il dipinto si volga spesso a raffigurare un paesaggio al quale il pittore si affaccia dall’alto, come avviene, ad esempio, nell’opera di Gerado Dottori che potrebbe anche essere intesa, quindi, però, come una sorta di veduta paesaggistica colta dall’alto di una altura. A togliere ogni dubbio sul punto di vista che è propriamente volante, giunge un dipinto di Tato (Guglielmo Sansoni) del 1930, che, nel titolo stesso dell’opera, ‘Avvitamento’ ci tiene avvertiti non soltanto della peculiarità del punto di vista praticamente zenitale, ma anche della particolarità della ‘visione della veduta’ che è quella apprezzabile nel corso di una manovra acrobatica del velivolo, appunto, in avvitamento.

Né meno significativo appare il punto di vista che si lascia intendere di un altro dipinto, questa volta di Tullio Crali, che ci mostra, ancora in prospettiva zenitale, una sorta di vero e proprio ‘tuffo nella città’ di un aereo in picchiata di cui il pittore dipinge non soltanto il dispiegamento d’immagine che si rivela dinnanzi al muso dell’aereo, ma anche l’interno stesso del cockpit come una sorta di prospettiva in soggettiva ripresa da un ipotetico secondo membro d’equipaggio situato alle spalle del pilota.

Se, fin qui, la breve campionatura suggerita consente di avere una rappresentazione abbastanza significativa di come l’Aeropittura riesca a rimodellare completamente il concetto tradizionale di ‘punto di vista’, potrà essere utile aver conto di come tale delibazione stilistica possa muovere anche a considerare due altri tagli figurativi che possono meritare interesse di approfondimento d’analisi: uno è quello di osservare il volo degli aerei che si librano nell’aria, l’altro è quello di raffigurare le machine aeree nella bellezza particolare della loro prestanza ingegneristica.

Osserveremo, in proposito, le delibazioni di due artisti che ci offrono numerose prove figurative sviluppate seondo tali cadenze d’angolazione: Lucio D’Anna, ad esempio, che, in un suo dipinto del ’30, propone un ‘Dinamismo di aereo, treno e nave’, che futuristicamente allinea alcuni tra i nuovi mezzi di trasporto di più promettente aspettativa di velocità; mentre Tato, in ‘Caproni’ del 1928-29 ci propone una veduta di un omonimo velivolo ben rappresentato nella bellezza di una immagine che coglie nella disposizione diagonale dei profili alari la inquadratura ideale che valorizza la percezione coinvolgente di una forte carica dinamica.

Ciò che non può affermarsi della Aeropittura è che essa abbia provveduto a definire una peculiarità stilistica, dal momento che le sensibilità pittoriche dei vari artisti – come d’altronde avviene un po’ in tutto il dispiegamento futurista – seguono una sorta di andamento erratico che oscilla tra sensibilità prettamente realistiche, ansiti pseudocubisti, sensuosità surrealiste ed anche suggerimenti di ispirazione astrattista.

Tale vagolante disponibilità sperimentatrice, evidentemente, impone di considerare quella della Aeropittura come una vocazione tematica piuttosto che come una proposta di innovazione di linguaggio o di stile, avendo conto, nella specie, che, sul tema, non mancheranno anche contributi che mireranno a costruire piuttosto che una immagine del volo, una percezione emotiva delle sue peculiarità esperienziali.

Ed in tal senso saranno di fondamentale rilievo le prove che vanno a fornire, tra gli altri, artisti come Delle Site, Fillia, Buccafusca (del quale ultimo hanno ben messo in evidenza la personalità gli studi di M. D’Ambrosio). Con l’opera di tali figure, l’Aeropittura si offre come il luogo di testimonianza di un’esperienza umana, andando, in qualche modo, a tradire l’assunto dell’esaltazione della macchina e della velocità che era proprio della vocazione futurista, per accedere, piuttosto, alla messa a punto di una considerazione degli aspetti epistemologici e psicologici che alla esperienza di volo possono non solo accompagnarsi, ma farsene fattore distintivo e caratterizzante, giustificando, in tal modo, forse, perché un artista come Bruno Tano potesse avvertire il bisogno di suggerire anche un additamento di puro slancio di fede nella sua ‘Madonna dell’ala’ del 1931. 

(Alcune immagini qui utilizzate sono state prelevate dalla Rete e sono impiegate, in risoluzione e misura minimale, non a scopo esornativo ma di mera referenza scientifica. Se ne ringraziano vivamente gli Autori).

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