Le storie d’amore hanno sempre fatto la parte del leone sul grande schermo. Più che dei western o dei film di guerra, milioni di spettatori attraverso i decenni e ad ogni latitudine, si sono appassionati alle passioni a cui gli attori di ogni nazionalità hanno dato corpo e voce nei loro film.

La cinematografia mondiale si è sempre nutrita di storie d’amore, sempre uguali e miracolosamente, però, sempre diverse. L’universalità del sentimento chiamato “amore” ha fatto sì che perdurasse nel tempo il successo di un genere cinematografico che appare, per l’appunto, quasi senza tempo nonostante la sua inevitabile ripetitività.

Da Charlot e la fioraia cieca, memorabile e poetica coppia del cinema muto, a Rick ed Elsa (Ingrid Bergman e Humphrey Bogart) indimenticabili amanti a Casablanca; da Oliver Barrett IV che si innamora al primo sguardo di Jennifer Cavalleri in una Harvard che non è mai stata così Kennediana nelle atmosfere come in “Love story” a Jack e Rose (la giovane e talentuosa coppia Di Caprio-Winslet) che  si dichiarano il loro amore mentre il Titanic affonda nelle acque gelide dell’oceano; le coppie che sono entrate nell’immaginario romantico collettivo sono innumerevoli.

Gli ingredienti perché una storia d’amore sul grande schermo abbia successo non sono poi tanti, ma il segreto è saperli dosare bene e mescolarli altrettanto bene. La chimica nei film d’amore è tutto per la buona riuscita del risultato, proprio come in pasticceria.

Innanzitutto è necessario avere dei protagonisti ben assortiti e non soltanto dal punto di vista estetico.  Non basta, infatti, che gli attori siano belli (caratteristica che ovviamente non disturba e che per la maggior parte dei film, specie quelli made in Hollywood, è praticamente una regola) o in armonia tra loro per età o canoni fisici, ma occorre qualcosa di più.

Oltre all’aspetto, è necessario qualcos’altro per far sì che la coppia funzioni; la diversità. Le coppie meglio riuscite dal punto di vista cinematografico sono, infatti, solitamente quelle dove i due sono molto diversi tra loro. Lui ricco lei povera: “Love story”; lui povero lei ricca “Titanic”. Solo per citare un paio di titoli a cui abbiamo già fatto riferimento.

Il carattere e la personalità dei membri che costituiscono la coppia cinematografica sono determinanti per il risultato finale, soprattutto perché sono la condizione imprescindibile per quel processo di identificazione necessario tra spettatore e protagonista se si vuole il successo della pellicola.

Più lo spettatore entra nei panni del protagonista, più si appassiona alla storia, più resta coinvolto dalle vicende fittizie del personaggio più dichiarerà poi, all’uscita della sala cinematografica, che il film gli è piaciuto da morire.

Le lacrime versate da generazioni di adolescenti ed universitarie mentre una cianotica Rose lascia andare il suo Jack, ormai morto di ipotermia, in fondo all’oceano dimostrano in pieno l’importanza dell’identificazione tra spettatore e personaggio. Anche se solo per poco più di due ore tutte le spettatrici si sono sentite Rose.

Hanno amato e sofferto con lei. Questo ci porta ad un altro elemento che appare quasi indispensabile per il successo di un film d’amore: le lacrime. Più un film fa piangere, più è riuscito. Un famoso sceneggiatore soleva dire, non senza cinismo, che se uno dei due alla fine muore il film è destinato a sbancare il botteghino. La dipartita, meglio se prematura, di uno dei due è quasi garanzia di successo.

Che a morire sia solo uno dei due innamorati, piuttosto che entrambi come nell’inossidabile “Romeo e Giulietta” madre di tutte le tragiche storie d’amore, è infatti un comprovato elemento di successo. Il perché è presto detto: se uno dei due muore, lascia l’altro/a solo ed inconsolabile. A volte non è indispensabile la dipartita, ma basta anche solo una separazione definitiva per raggiungere lo stesso obiettivo.

Rick ed Elsa, così maledettamente chic in impermeabile e cappello, che si dicono addio tra le nebbie dell’aeroporto mentre già rulla sulla pista l’aereo che porterà per sempre lei lontano da Casablanca è stampata nella mente di qualunque appassionato di cinema e non solo.

Conoscere il finale del film non impedisce poi di vederlo ancora e ancora una volta solo per arrivare esattamente a quel momento in cui si spera l’insperabile, ovvero che la Bergman resti con Bogart. Questo perché se è vero che molti sognano di volare come Superman, ballare come Fred Astaire, cantare come Judy Garland, è ancora doppiamente vero che tutti sognano almeno una volta di essere amati come in un film.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *