Alle volte le favole nella realtà esistono e alle volte si materializzano sul campo da calcio, per una delle vittorie più improbabili nella storia dei tornei per nazionali. È vero, l’Europeo ha sempre regalato sorprese. Nel 2004, per esempio, ci fu l’exploit della nazionale greca; ma nel 1992 avvenne l’impensabile, un qualcosa che ancora oggi non si riesce ad intuire bene, che non si riesce ha stabilire se si tratta del caso fortuito puro, oppure, il destino aveva già deciso già prima di tutti o, ancora, che qualcuno da lassù, parafrasando un famoso film sul pugilato, amava particolarmente quei giocatori.

Tra il 10 ed il 26 giugno del 1992, in Svezia, si tenne la nona edizione dei Campionati Europei di Calcio. All’epoca partecipavano solamente 8 squadre. Noi non ci qualificammo grazie al palo preso da Rizzitelli, soprannominato dai tifosi ‘Rizzi-gol’, solo che in quel caso fu ‘Rizzi-palo’ contro la nazionale portoghese. Le qualificate erano, in un primo momento, la Svezia, la Francia, la Comunità degli Stati Indipendenti nata dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica, l’Inghilterra, la Scozia, la Jugoslavia, i Campioni in carica dell’Olanda e quelli del mondo della Germania.

Cosa successe? Successe che a causa dei continui mutamenti geo-politici, con il crollo della cortina di ferro, molti Paesi dell’Est incominciarono a dissolversi. È quello che capitò alla Jugoslavia che, proprio in quell’anno, era in preda ad una tremenda guerra civile interna. Decise quindi, con la qualificazione conquistata sul campo, di ritirarsi. A quel punto il posto vacante venne occupato dalla seconda del girone di qualificazione al quale la Jugoslavia prese parte: la Danimarca.

Una cenerentola, insomma. Una squadra che non aveva mostrato più mordente dai tempi del mondiale messicano del 1986, vinto poi da Diego Armando Maradona. La corsa della squadra danese, nella Coppa del Mondo, si arrestò agli Ottavi di Finale contro la Spagna di Butragueno, dopo che si era addirittura qualificata come prima nel girone.

A Italia ’90 non prese parte e per Euro ’92 c’erano importanti aspettative, non solo grazie ai talentuosi giocatori ma anche al Commissario Tecnico, tedesco, Piontek. Quando quest’ultimo si dimise, il primo nome che emerse fu quello di Richard Moeller Nielsen. Un allenatore che non aveva mai ottenuto grandissime soddisfazioni. In un primo momento gli venne fatto credere che sarà lui il Ct, poi fu scaricato perché il profilo richiesto, come allenatore della nazionale danese, era quello di uno straniero.

La Federazione, a sua volta, si vide snobbata nelle richieste fatte ai vari candidati, e Moeller ritornò in pole position e lui, da gran signore, accettò l’incarico.

Il ct sapeva benissimo che tra lui ed i calciatori non scorreva buon sangue, era conscio delle incomprensioni che lo avrebbero ostacolato in quella missione impossibile. Ma in tutta follia convocò gli stessi giocatori schierati durante le qualificazioni e, con pochissimo tempo a disposizione, incominciò a preparare il suo esordio contro l’Inghilterra.

Lo 0 a 0, in fondo, era comunque anche un buon risultato, visto che anche Francia e Svezia, le prossime rivali, terminarono il loro match inaugurale con un 1 a 1. I problemi sorsero proprio quando, nella seconda partita, la Svezia batté i danesi con una rete di Thomas Brolin, ex centrocampista del Parma. Mentre i francesi e gli inglesi non si fecero del male pareggiando 0 a 0. A quel punto la situazione si complicò e non poco. La Danimarca per qualificarsi miracolosamente avrebbe dovuto battere la Francia e sperare che la Svezia facesse altrettanto con l’Inghilterra.

E, come detto all’inizio, non si sa se per un caso fortuito oppure il destino avesse già deciso ancor prima del campo, perché non solo i padroni di casa batterono gli inglesi, con un secco 2 a 1, ma la Danimarca vinse con il medesimo punteggio contro i francesi.

Si arrivò, dunque, alle semifinali con lo stupore di tutti: tifosi e cronisti sportivi. L’avversario era uno di quelli che non ammettevano speranza di ‘salvezza’: l’Olanda di Gullit, Rijakard e Van Basten. Praticamente il torneo poteva dirsi chiuso. Ormai il colpo di fortuna era andato ben oltre le possibilità, tant’è che i ragazzi di Nielsen non si erano nemmeno qualificati per il torneo. Ma l’incredibile diventava sempre più realtà. La Danimarca mise sotto per due volte, nei tempi regolamentari, l’Olanda, che pareggiò due volte. Gli ‘Orange’ furono sconfitti definitivamente ai rigori. La finale non fu più un’allucinazione.

Ovviamente l’ultimo step non poteva regalare un avversario molle, anzi tra la coppa ed i ragazzi di Nielsen c’era addirittura una corazzata e per di più Campione del Mondo in carica: la Germania, quella di Klinsmann, Brehme, Matthaus per intenderci. Anche i tedeschi dovettero arrendersi all’improvvisa ed imperiosa forza dei danesi con un secco 2 a 0. I marcatori furono Larsen e Vilfort. Quest’ultimo, a sua volta e proprio in quel periodo, stava attraversando un bruttissimo periodo: dopo ogni match giocato con la propria nazionale, era costretto a tornare in patria per assistere sua figlia; la quale era stata colpita da una forma aggressiva di leucemia. La piccola riuscirà a vedere suo padre segnare e vincere la finale del 26 giugno del 1992, per poi spegnersi arrendersi sei settimane più tardi.

Questa tragedia rovinò di molto la festa per quella vittoria, ma non scalfì la leggenda e la fiaba che è stata appena raccontata; di sicuro ci piace pensare che ad un certo punto i giocatori della Danimarca s’impegnarono proprio per quella sfortunata ragazzina, regalandole un’ultima vera grande gioia prima della triste realtà.

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