Commedia? Musical? O più semplicemente entrambe i generi? Quest’ultima espressione identifica al meglio un film uscito esattamente 40 anni or sono, il 20 giugno del 1980, e che pochi pensavano un vero e proprio cult movie. Una vera e propria bomba musicale sul grande schermo che, con il passare degli anni, ha conquistato diverse generazioni. Diretto da John Landis, lo stesso regista che dirigerà tre anni più tardi il leggendario cortometraggio musicale di Micheal Jackson ‘Thriller’, il film è semplicemente intitolato ‘The Blues Brothers’.

I due fratelli, Elwood e Jake, sono però nati non proprio in quell’occasione, ma un biennio precedente: esattamente il 22 aprile del 1978, durante una delle ultime puntate della terza edizione della storica trasmissione ‘Saturday Night Live’. Una vera e propria fucina di giovani talenti che si affacciavano per la prima volta in ambito nazionale. Ci quel gruppetto ce n’erano due in particolare: Dan Aykroid e John Belushi. I due, in quel sabato sera di quasi fine aprile, si presentarono vestiti rigorosamente di blu: abito, lenti e cappello. E introdotti al suono di ‘I can’t turn you loose’ fecero la loro prima performance musicale.

I personaggi vennero denominati ‘Blues Brothers’, ma questo nome non venne scelto né da Aikroyd e né da Belushi. Fu un compositore e direttore d’orchestra canadese: Howard Shore. In quel 1978, il 28 novembre, uscì un Lp dal titolo ‘Briefcase full of Blues’. Era il loro primo lavoro discografico e riscosse subito un grosso successo.

In quello stesso periodo, John Belushi, divenne la nuova stella di Hollywood e non solamente per le prestazioni eseguite nella trasmissione ‘Saturday Night Live’, ma anche grazie al cinema. Il film “Animal House” uscì il 28 luglio del 1978 e fu un successo. Fu proprio in quel periodo che nacque l’idea per il film sui due eccentrici personaggi. Dan Aikroyd scrisse la sceneggiatura facendosi aiutare dal regista John Landis, dopo un critico musicale Mitch Glazer, si era rifiutato di collaborare.

Le riprese iniziarono nel 1979 con un budget apparentemente fissato sui 17,5 milioni di dollari. Purtroppo la cifra aumentò per continui problemi durante la lavorazione, problemi causati dallo stesso John Belushi, problemi che la notte del 5 marzo del 1982 lo portarono dritto nella fossa. La storia era molto semplice nella sua essenza ma contemporaneamente surreale: un orfanotrofio di proprietà della Chiesa rischia di chiudere per il mancato versamento delle tasse. Tale escamotage narrativo fu mantenuto per il semplice motivo che in quel periodo, negli Usa, si stava pensando di tassare anche quel tipo di strutture. Era ancora l’America di Jimmy Carter, quella di Reagan sarebbe incominciata dopo qualche mese.

Una volta uscito nelle sale cinematografiche i grandi quotidiani americani pubblicarono con delle recensioni molto negative. Delle vere e proprie stroncature senza alcuna possibilità di appello. Dalla “saga presuntuosa” del New York Times “all’imbeccile stramberia” del Washington Post, per poi concludere con “un disastro da 30 milioni di dollari”.

Eppure il film incassò in patria 57 milioni di dollari, cifra non proprio esaltante, sommata però ai 58 milioni di dollari conquistati all’estero diventò l’opera cinematografica che conquistò di più all’estero che in patria. Senza dimenticare i 32 milioni di dollari provenienti dal vecchio mercato dell’home video. Ma cosa ha reso immortale questo film tanto bistrattato entro i confini nazionali, all’inizio, ma osannato negli altri continenti?

Un mix. Ecco la risposta. Una perfetta miscela di ironia, inseguimenti esagerati e musica, tanta musica. Tutta blues, con qualche spruzzata di country. Il cast? Al giorno d’oggi, per descriverlo, si userebbe, un unico aggettivo: stellare. Oltre al duo già citato si annoveravano anche: John Candy, Carrie Fisher, Charles Napier, Henry Gibson, in più le straordinarie apparizioni dello stesso regista John Landis, di Frank Oz e, addirittura, di Steven Spielberg.

La composizione degli attori, però, non si ferma qui. Siccome il film era soprattutto musicale, con una trama come già visto molto ma molto particolare, il cast di attori normali venne integrato con i pezzi pregiati della black music di quel periodo, nomi come: James Brown, Ray Charles, John Lee Hooker, Aretha Franklin e Cab Calloway. Le hit eseguite erano non solo irresistibili ma immortali, cover di: Everybody needs somebody di Solomon Burke; rilettura in chiave blues del tema musicale della serie tv di genere western, in cui prendeva parte un giovanissimo Clint Eastwood, ‘Rawhide’; ‘Sweet home Chicago’, ‘Soul Man’ e ‘Gimme some lovin’.

Si può ben dire che con ‘The Blues Brothers’, in quel 20 giugno di quarant’anni fa iniziarono i veri ed i mitici anni ’80. Inaugurati con una vera e propria ‘bomba’ musicale sul grande schermo, non compresa nell’immediato, ma che ha conquistato tutti coloro che hanno avuto la fortuna di vedere il film. Una sorta di piccola rivoluzione che ha rotto i classici schemi del musical, rendendolo più appetibile per i giovani, ancor più interessante e semplicemente immortale.

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