Ritorna di mercoledì la rubrica ‘Arti figurative’
Nel processo fondativo di ‘Astractura’ abbiamo anche inteso esperi re un tentativo di personale contributo alla ricerca astrattista, procedendo alla sottolineatura di alcuni aspetti salienti delle dinamiche innovative cui può dischiudere l’orizzonte la pratica astrattiva di ordine geometrico, ed abbiamo suggerito, tra l’altro, la possibilità di una rilettura della formula einsteiniana di E = mc2 in una rimodellazione propositiva che preveda la sostituzione di T (tempo) ad E (energia) e di s (spazio) ad m (massa)23.
Alla stregua di tale nostro suggerimento – argomentato nella determinazione teoretica degli assetti costitutivi della formula propositiva ‘astracturista’ fondata sulla concezione della essenzialità linearistica e sulla articolazione specifica che essa dispiega – abbiamo inteso indicare la possibilità di considerazione di una concezione del tempo che potesse giustificare non soltanto la sua misura di percezione mobile e progressiva, che la nostra disposizione conoscitiva ci impone di accettare, ma anche quella – di spessore indiscutibilemte eidetico – cui ci lascia accostare, ad esempio, la formulazione d’una consistenza sferica ed immobilista del tempo che si sostanzia nella prospettiva di fissità dell’ Uno parmenideo.
Non può non riconoscersi che, da Parmenide ad Einstein, s’è prodotto un lungo dibattito sul tempo, fino a giungere alle posizioni heideggeriane che ne propongono una possibilità di lettura nel segno di una considera- zione ‘ontologica’ attingibile nella misura della sua proiezione su un orizzonte di costanza di presenza articolata dalla deiezione del soggetto, fino alla sua opportunità proiettiva, attraversando la datità empirica dell’unica nozione percepibile del tempo come consistenza valutabile del presente, e, quindi, come quella in cui l’essere e l’ente, in qualche misura, potrebbero identificarsi in una condizione che però segna il reciproco annichilimento determinando, per effetto di ciò, la sola pensabilità dell’evento stes so, di fatto, empiricamente irrealizzabile e inverificabile in una disamina che non sia di tipo contingente e provvisorio circoscritta nella ineffabilità dell’istante che non riesce a rendersi attimo.
Sullo sfondo di tale lettura dell’esperienza empirica, costantemente al talenante tra ‘deiezione’ e ‘cura’, Heidegger lascia percepire la possibilità di una sorta di annichilimento della nozione stessa di tempo nella opportunità conoscitiva che di esso ha il soggetto umano, rendendo identificabile lo svolgimento della ‘durata’ come il portato di una mera percezione soggettiva nascente dalla proiezione conoscitiva sull’universo ‘ontico’ ed in relazione alla portata memoriale della datità della storia.
A queste prospettive, che mirano ad inquadrare il tema scientifico e filosofico della riformulazione conoscitiva del concetto stesso di ‘tempo’, si affianca, in ambito artistico, lo sviluppo di una pratica che trova, principalmente nella delibazione astratto-geometrica, il terreno più fertile per l’avanzamento consapevole della ricerca creativa.
Di fatto, però, avviene che si proponga una sorta di insoddisfazione propositiva nel limite fattuale che l’Astrattismo avverte di ostacolo al superamento dell’istanza strettamente spaziale. Basterà osservare, ad esempio, il contrasto sotterraneo e sottile che emerge tra Mondrian e van Doesburg, all’interno delle dinamiche di ‘De Stijl’, per convincersi di quanto potesse essere insufficiente il convincimento che l’essenzializzazione planare immaginata da Mondrian potesse soddisfare fino in fondo l’esigenza di rastremazione formale che la pratica astrattiva richiedeva come motivo saliente cui ispirare gli sforzi di ricerca.
Il contributo innovativo di van Doesburg sarebbe stato:
- anticipando, in ciò, le successive intuizioni di Carmelo Arden Quin – quello della introduzione del concetto stesso di obliquità, sia pure nella forma della diagonalità, come capace di infrangere la staticità ortogonale mondrianiana senza, però, escluderne le ragioni del richiamo alla necessità di essenzializza- zione dei processi creativi e di approntamento di un orizzonte normativo al cui inter- no potessero trovare giustificazione e compimento non soltanto la istanza propria di un tempo come ‘immagine mobile dell’eternità’, ma an- che quella, in qualche misura ‘ontologica’ della formula-
Scontava, evidentemente, la posizione mondrianiana il limite di con- durre i processi creativi astratto-geometrici ad una misura meramente spaziale, incapace di cogliere l’istanza ‘ontologica’ della dimensione del tempo, istanza ‘ontologica’ da non confondere, evidentemente – e qui sia- mo ancora in ambito heideggeriano – con una malintesa ed ingiustificata istanza ‘metafisica’.
Il guaio è, potremmo, però, chiosare, che, di fatto, le determinazioni produttive mondrianiane – forse, addirittura preterintenzionalmente rispetto al proprio autore – finiscono col dar corpo ad una istanza ‘meta- fisica’ più che propriamente ‘ontica’, finendo, in tal modo, col rendere l’astrattismo dell’artista più prossimo alla dimensione di una lettura in chiave limitativamente ‘spazio-geometrica’ della realtà fenomenica che non ad una lettura dell’evidenza fenomenica condotta secondo un principio di astrazione delle sue ragioni eidetiche.
Potremmo, forse, azzardare una lettura valutativa dell’universo mondrianiano in chiave fenomenologico-husserliana, da giustapporre ad una lettura di van Doesburg specchiabile, a nostro avviso, nella prospettiva heideggeriana.
La differenza la fa – tra i due autori, Mondrian e van Doesburg – la dinamica del tempo, meglio avvertita come polo tensionale dalle istanze vandoesburghiane. Occorre aggiungere, comunque, a tal punto, che, sul piano storico, non abbiamo nozione della profondità di una convincente consapevolezza teoretica della riflessione specifica sul tema del tempo, e meno ancora della sua incidenza fattiva nella attività progettuale e nella volontà realizzativa delle opere dei due artisti.
Può, forse – ma anche qui, solo di soppiatto – giungere di confortante opportunità il contributo che, indirettamente, offre al dibattito, la posi- zione di Joaquin Torres Garcia quando apre l’orizzonte creativo dell’A- strazione geometrica al tema della incommensurabilità, convincentemente racchiuso nella formula di ‘cercle et carré’. L’artista mostra di saper pren- dersi cura, in tal modo, sia della inconciliabilità tra curvilineità e retti- lineità osservata nel segno ‘irrazionale’ di ‘pi greco’, sia del tema della ‘sezione aurea’ affrontato secondo una prospettazione costruttiva, e non ingenuamente ‘costruttivista’.
Di qui, però, pur riconoscendo lo spessore della ricerca di Torres Garcia, non possono accreditarsi, in discendenza, all’artista, né una consapevole proposizione di dinamiche innovative in ordine ad un’interpreta- zione creativa in termini artistici del tema del tempo tout-court, né una riflessione consapevole sulla necessità di canalizzare la ricerca artistica lungo l’inedita dirimente della dimensione ‘cronotopica’ aperta dalle riflessioni einsteiniane. È un dato oggettivo, piuttosto, che la consistenza della curva spazio-temporale einsteiniana, a questo punto, si affaccia all’orizzonte della creatività artistica, come ansito e sfida verso una ricerca espressiva che dia spazio ad un’istanza produttiva che possa cogliere il significato dirimente d’una processualità decisamente innovativa.