Otto canzoni che componevano il loro secondo album, tra cui ‘Shout’

Nella seconda parte di questo speciale, sul finire, ci siamo soffermati sulla parola ‘soggettiva’ o meglio che la musica è anche soggettiva e non oggettiva. L’oggettività riguarda tutti o in generale, l’aspetto soggettivo, invece, riguarda il singolo individuo. Con ciò cosa vogliamo dire? Una qualsiasi canzone o disco per avere successo deve oltrepassare la barriera della soggettività e raggiungere quella dell’oggettività.

Attenzione, cari lettori: questa parte della nostra analisi, forse anche un po’ criptica per alcuni aspetti, non riguarda la classica ‘sentenza emessa da parte dei singoli critici musicali’. no, c’è dell’altro. un altro dettaglio che ci porta anche a dire che qualcosa, che un sound ben specifico, che delle costruzioni musicali e i testi ci hanno colpito più degli altri.

Ovviamente questo giudizio non è sempre mai tecnico, non è sempre da esperto: ma cosa succede quando il giudizio non esperto combacia, per tutt’altri motivi, con quello che sembra avere di più gli strumenti giusti per descrivere meglio il successo di un disco?

Si dice che il successo o quantomeno per raggiungerlo non ci sono delle regole ben precise. Ma tutto parte dal caso o è frutto di alcune combinazioni vincenti? Propendiamo per la seconda ipotesi; il colpo di fortuna lo puoi avere una sola volta nella vita poi alla fine non sempre ti riesci a ripetere.

Con questo vogliamo semplicemente sottolineare l’enorme successo che la band registrò a partire dal quel 1985 e proseguito quattro anni più con il terzo disco, ma in questo stiamo parlando di un’altra storia musicale. ‘Songs from the big chair’ permise di far conquistare al duo britannico formatosi nel 1981 ben sei dischi di platino tra Canada, Hong Kong, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Regno Unito e Stati Uniti d’America. senza dimenticare anche ben due dischi d’oro, tra Francia, Germania e anche da noi, in Italia.

Il disco venne registrato nel 1984 in due fasi, anche se non proprio corretto dire così. nel senso che le registrazioni complessive videro la luce a The Wall Hall, a Beckington, nella regione del Sommerset; mentre una singola canzone era già pronta, addirittura, dal dicembre del 1983. venne eseguita per la prima volta in pubblico all’Hammersmith Odeon di Londra ed è ‘Broken’.

Dopo la pubblicazione, ‘Songs from the big chair’ vide un lunghissimo tour promozionale che portò sia Roland Orzabal e Curt Smith in tutto il mondo, al termine i due si presero una lunghissima pausa per poi tornare, nel 1989, con ‘Sowing the seeds of love’, il loro terzo disco. Ma prima di lasciarvi all’ultima canzone che chiuderà questo speciale, non ci siamo dimenticati di ricordare le altre canzoni del disco che vennero pubblicate come singoli dopo l’uscita del long play: I Believe, il 30 settembre del 1985 e Mothers Talk, addirittura il 1° aprile del 1986. Ne manca uno, appunto: proprio con quella con il quale chiudiamo questo speciale dedicato ad un dei dischi che hanno scritto la storia della musica del decennio 1980. Lo chiudiamo con l’articolo pubblicato per la rubrica, e non poteva essere altrimenti, interamente dedicata al decennio 1980, ovvero ‘Forever80s’.

Analizzare le canzoni degli anni ’80 molto spesso non è un lavoro semplice. Ci concentriamo sul ritmo che ci ispira carica, spensieratezza, per non dire anche allegria in alcune, mentre in altre una profonda riflessione. Ma cosa succede quando questi due modi di costruire musica s’incontrano per creare, volontariamente o no, qualcosa di universale.

Un misto tra leggerezza, spensieratezza e mera riflessione. Elementi che si possono trovare non solo non solo nel testo. Basta ascoltare la costruzione musicale di un brano pubblicato il 18 marzo del 1985 in Inghilterra, diventando un grande successo anche negli Stati Uniti d’America a partire dal giugno dello stesso anno.

Stiamo parlando di ‘Everybody wants to rule the world’ del gruppo Tears for fears. Un titolo che tradotto significa ‘tutti vogliono governare il mondo’. Una frase, un’espressione, che sembra attuale ancora oggi, in questo 2023; e che forse lo sarà sempre. Eppure, come spesso accade, quando si affronta la disamina di una canzone di qualche anno è sempre bene contestualizzare l’epoca in cui è stata scritta e pubblicata.

Le parole intonate, direttamente o indirettamente, erano una perfetta metafora della guerra fredda che in quel decennio imperversava ancora. Quel particolare conflitto tra gli Stati Uniti d’America e l’allora Unione Sovietica. In un primo momento la canzone doveva, in realtà, essere fatta conoscere attraverso le radio con la frase ‘Everybody wants to go to war’, ovvero tutti quanti vogliono andare in guerra. Fortunatamente non andò in questa maniera.

Gli autori di questo piccolo gioiello anni ’80 erano Roland Orzabal, Ian Stanley e Chris Hughes. Il video musicale in cui si vede sfrecciare in alcune affascinanti highways americane, a bordo di una macchina decappottabile, il leader della band, Curt Smith, è stato girato, precisamente, nello Stato della California. La vettura era una Austin-Healey sports 3000, prodotta tra il 1959 ed il 1967. Le immagini on the road venivano, di tanto in tanto, intervallate da altre in cui la band canta la canzone in uno studio di registrazione.

La vera essenza del brano sta in una particolare sovrapposizione di accordi, sia di sintetizzatore e sia di chitarra, tra un verso e l’altro, che danno vita ad un refrain di soli strumenti in cui si crea un’atmosfera malinconica, riflessiva; senza dimenticare quel giusto pizzico di allegria. La vivacità e l’energia delle note accompagnate dall’intonazione di voce del cantante, son tali da creare un momento di apparente leggiadria, sono solamente apparenza rispetto ai versi composti dai tre autori.

In fondo i primi due versi sono chiari e non lasciano margine ad ulteriore interpretazione: ‘Benvenuto nella tua vita, non si torna indietro, anche mentre dormiamo, ti troveremo mentre fingi di comportarti bene, volti le spalle a madre natura’.

Dal 1985 la Broadcast music incorporated, BMI, ha registrato, per il singolo in questione ben due milioni di passaggi radiofonici. Un piccolo record che conferma quanto sia rimasta questa canzone, e quanto nel tempo si sia trasformata in un’evergreen da ascoltare e riascoltare senza stancarsi mai.

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