Il 15 giugno del 2005 usciva il primo capitolo della trilogia di Nolan interamente dedicata all’uomo pipistrello
Quest’ultima parte l’avevamo pensato proprio in questo modo: tutta incentrata sulle grandi massime che hanno caratterizzato questo primo capitolo della trilogia di Nolan. Frasi, espressioni, pensieri che nell’immediato si subito trasformati in modi dire o inserite, anche nel linguaggio comune, come delle semplici citazioni. Se ieri ci siamo soffermati su una delle battute di Liam Neeson, una volta che il suo personaggio ha convinto Bruce Wayne a raggiungere il luogo dove si nasconde la setta delle ombre, e senza già citare nuovamente: teatralità ed inganno sono armi potenti agli occhi degli avversari, ci sarebbe un’altra massima sul qual soffermarsi un po’ di più. ma prima vi lasciamo a queste inequivocabili immagini.
Si, proprio questa battuta: Rachel, non è tanto chi sei quanto quello che fai che ti qualifica. In questo pensiero c’è tutta l’essenza non solo del primo capitolo in oggetto del reportage che state leggendo, ma dell’intera trilogia. In fondo, il concetto di base sembrerebbe semplice da intuire; alle volte, però, non è sempre così.
Partendo dal presupposto che il personaggio ideato da Bob Kane è un supereroe, tutti sono portati a credere che bisogna essere fuori dal comune, senza considerare il fatto che ‘certo: uno che si veste da pipistrello non ci deve stare tanto con la testa’. Ecco, a parte l’autoironica presa per i fondelli che lo stesso Wayne fa di sé stesso in una scena del film, è che il dettaglio più rilevante da considerare non sia quello citato.
Nel senso che Batman è un essere umano, con un trauma da essere umano e che agisce in un modo del tutto originale, spinto dalla disperazione di ciò che gli è accaduto, non solo. se andiamo un po’ più in là con la trilogia, considerando una delle scene dell’ultimo capitolo è che tutti possono essere Batman, tutti possono essere di aiuto nella lotta al crimine o quantomeno essere utile alla società, il punto è come lo fai che ti qualifica agli occhi degli altri, nonostante si decide di portare una maschera per proteggere i propri cari.
Altri momenti cult del film o comunque altre frasi entrate nell’immaginario collettivo? A parte il divertente dialogo di quando Wayne arriva ad una serata di gala con la propria Lamborghini e il parcheggiatore gli dice: Bella macchina, e lui risponde: Dovresti vedere l’altra, facendo riferimento alla batmobile, ci sarebbe anche da ricordare il ruolo che ha lo stesso Morgan Freeman.
Lucius Fox, questo è il nome del suo personaggio. Un amico di Thomas Wayne, il padre di Bruce, e che rappresenta fin da subito un punto di riferimento silenzioso, una guida sicura, e una sorta di partner non proprio ufficiale di Batman. Lucius è colui intuisce tutto senza dire nulla, tenendo al sicuro la vera identità di Bruce Wayne o viceversa.
Memorabili sono le sue due battute: Signor Wayne, se non mi dice a cosa le servono una volta interrogato non potrò parlare, ma non mi prenda per un idiota e Oggi cosa le do ‘speleologia’. Dopo che lo stesso miliardario aveva tentato di scappare mascherato dalla centrale di polizia della città senza una sorta di protezione, rischiando di schiantarsi al suolo.
L’altro personaggio che non può e non deve essere messo in disparte è quello rappresentato dalla storica figura del maggiordomo Alfred Pennyworth. Nel film, come ormai tutti sanno, ha il volto dell’iconico attore inglese Michael Caine, il quale conferisce una natura più umana allo stesso personaggio.
Non più un freddo servitore della famiglia Wayne, ma un mentore, un padre di famiglia, una guida ancor più vicina a Bruce senza mai e poi mai dimenticarsi di essere comunque un subordinato. Momento clou? Questa scena e senza che aggiungiamo altre parole.
Nel volgere alla conclusione è cosa buona e giusta spendere più di qualche parola per le musiche che accompagnano non solamente questo episodio della saga, ma anche gli altri due dal titolo totalmente differente: Il Cavaliere oscuro e Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno, composte dal maestro Hans Zimmer.
Se in queste immagini la lacrimuccia può essere facile, anche per i più duri di cuore, nel complesso il tema principale instilla un vero e proprio senso di carica emotiva; una scarica di adrenalina pura che, allo stesso tempo, non solo ci immerge nella dura realtà di Gotham City o nei momenti di puro action, ma è qualcosa di più.
È un qualcosa che trascende dal mondo esteriore del protagonista. In effetti Hans Zimmer non ha composto le musiche o il tema principale per il film no. In questo ci vediamo, quasi, un lavoro alla Ennio Morricone, in cui l’indimenticato maestro scriveva le colonne sonore non tanto per i film o per i paesaggi ma per i protagonisti delle storie di Sergio Leone.
Qui sembra che sia stata portata avanti la stessa prassi con un risultato che riporta ad un’infinita ed incontrollabile rabbia dell’uomo pipistrello o per meglio dire dello stesso Bruce Wayne. Una rabbia, descritta attraverso le note di Zimmer, che sale come un’onda impetuosa ed incontrollabile e che travolge tutto ciò che è male: perché, difatti, il suo lato oscuro è stato provocato da quello della società. Un dettaglio non proprio superficiale e che, sia chiaro, non basta questo spazio a definirlo o quantomeno ad approfondirlo.
Una rabbia dalla quale lo stesso Wayne smette di essere, per il mondo intero, Bruce, il miliardario eccentrico, seppur sfortunato per aver perso i genitori a causa di una rapina, ma comunque conosciuto in tutto il mondo, come gli ricorderà il Boss della mala, Carmine Falcone: ‘Il Principe di Gotham’. Ma come detto la sua collera è molto più forte del suo benessere economico e decide di fare qualcosa, anche se all’inizio perde il rispetto della persona che ama per poi recuperarlo.
Diventa una leggenda salvando la città, salvando, precisamente, quella parte di città che merita di essere salvata senza voler distruggere, perché in fondo Batman è un eroe buono che nasce dall’oscurità e dalla disperazione e non c’è bisogno di dirgli grazie se aiuta il prossimo, in fondo chiunque può farlo semmai solo lo volesse: è questa il messaggio vero e proprio dell’intera trilogia di Nolan.