Il comico e l’imitatore si è raccontato a noi in occasione del suo nuovo spettacolo

Reduce dal successo televisivo in programmi, dove le sue imitazioni – da Massimo Giletti a Lapo Elkann – hanno fatto ridere tanti spettatori, Ubaldo Pantani si racconta in una veste più intima e coraggiosa: quella del fondatore e guida di una scuola di teatro comico a Pisa. Ma non aspettatevi definizioni accademiche: qui, niente “allievi”, niente “saggi”. Solo attori, attrici e spettacoli. Veri. “Quando ho messo su questa scuola,” racconta Pantani, “ho evitato la parola ‘allievo’, perché implica un ‘maestro’… e nemmeno ‘saggio’, che mi suona come qualcosa di provvisorio. Io parlo di spettacoli, perché quando reciti davanti alla nonna, ai genitori o a un cellulare acceso, stai già facendo teatro.

C’è un pubblico da sedurre.” E questa è la filosofia che anima la sua scuola: uno spazio creativo e concreto, dove si impara facendo. Il comico, secondo Pantani, “non si insegna”, si sperimenta. “Il modo migliore per capire se si ha attitudine è provarci: cinque minuti o dieci, ma davanti a un pubblico.” In un’epoca in cui la stand-up comedy ha preso il posto del cabaret classico – genere di cui Pantani ammette di non essere mai stato un cultore – la sua proposta mira a qualcosa di diverso. “Recuperare la tragicommedia, il teatro comico inteso come racconto personale, come capacità di ridere di sé. Serve coraggio per raccontare la propria vita.

Ma lì c’è già una storia, ed è spesso la più vera.” Pantani non è solo in questa avventura: al suo fianco c’è Valerio Acampora, sceneggiatore e partner creativo. Insieme, portano avanti un metodo pragmatico, con un forte accento sull’autenticità. Le lezioni non si limitano alla recitazione: incontri con psicologi per affrontare l’ansia da prestazione, sessioni con costumisti e direttori di palco, nozioni su oggetti di scena, terminologia teatrale e – sì – anche un po’ di educazione all’uso dei social. Ma sempre con l’idea che “la vera prova resta il palco”.

“Chi viene qui non deve pensare a imitare qualcun altro. Se esiste già qualcuno che fa quella cosa in modo impeccabile, non serve ripeterla. Invece, bisogna raccontare di sé. Quando lo fanno, vengono fuori cose meravigliose.” La riflessione sull’autenticità non è un semplice consiglio pedagogico, ma un principio fondante. “Il pubblico non cerca nomi noti. Cerca autenticità. Anche se costruita, ma costruita bene. Se vado a teatro, è quello che voglio vedere.”. Quest’anno, inoltre, racconta con entusiasmo, che nella sua scuola ci sarà uno spettacolo corale: “Ognuno porta un proprio pezzo, come una raccolta di singoli.

L’anno scorso era il Volume 1, quest’anno torna ‘Lievito’, uno spettacolo di Stefano Giolli. Quella di Pantani è una scommessa – ma anche un atto d’amore per il teatro e per un modo di fare comicità che parte dalla realtà. Perché ridere, alla fine, è una cosa seria. Il ritorno di Pantani al teatro – dopo quella che definisce la sua “gavetta di lusso” in televisione – è un percorso personale tanto quanto professionale. “Mi conoscono per la TV, ma non per il teatro. Ora voglio ristabilire questo rapporto con il pubblico dal vivo.” Qualche anno fa ha cominciato a lavorare a uno spettacolo comico tutto suo: un passo deciso verso una nuova dimensione artistica.

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