Compie 45 anni il capolavoro cinematografico di Stanley Kubrik, tratto dal leggendario romanzo di Stephen King
Shining si appresta a spegnere le sue 45 candeline, un traguardo importantissimo per uno dei film più iconici e famosi del cinema, avendo riscritto e nobilitato il genere dell’horror. Era il 23 maggio 1980 quando Shining faceva la sua comparsa nelle sale americane, mentre in Italia bisognerà attendere addirittura dicembre dello stesso anno. Diretto da Stanley Kubrick e co-scritto con Diane Johnson, la pellicola è tratta dall’omonimo e celebre romanzo creato dalla penna di Stephen King nel 1977.
Il film narra la drammatica vicenda della famiglia Torrance. Jack (Jack Nicholson), il capofamiglia, è uno scrittore squattrinato, chiamato a gestire, come custode, l’Overlook Hotel, sulle alte montagne, per il periodo invernale, quando il locale è chiuso ai visitatori. Viene resa ben presto nota la storia dell’hotel, teatro di un macabro omicidio per mano del precedente custode. Nonostante ciò, Jack decide di accettare il lavoro, in quanto per l’uomo l’occasione è ottima per poter portare a termine il suo romanzo.
Decide, pertanto, di partire e portare con sé la moglie Wendy (Shelley Duvall) e il piccolo figlio Danny (Danny Lloyd). Per Wendy questa sarebbe, invece, l’occasione per avere un nuovo inizio, dato che la famiglia era stata precedentemente scossa da un episodio di violenza perpetrato dallo stesso Jack. Quello che avrebbe dovuto essere un periodo tranquillo e rilassante, si trasforma in un incubo, nel quale il piccolo Danny capisce di essere in possesso dello shining (tradotto in luccicanza), una sorta di capacità extrasensoriale che gli fanno avere visioni sul passato e sul futuro e non solo.
Prima di inoltrarci in un’analisi del film, tra aneddoti e curiosità, è importare dedicare un momento al ricordo. Purtroppo, Shelley Duvall, la screaming queen della pellicola, è venuta a mancare l’11 luglio 2024. L’attrice, nota anche per il ruolo di Oliva in Braccio di Ferro, era riuscita a mostrare sullo schermo le fragilità della sua Wendy, attraverso un’espressività spesso silenziosa, a volte tradita dai suoi occhi sbarrati dal terrore e dalle sue urla. Così come con Olivia, la Duvall riesce a dar vita ad un nuovo personaggio iconico con la sua Wendy, che tutti ricordiamo e ricorderemo anche nel futuro. Shining non è solo la teoria della luccicanza o lo sguardo folle di Nicholson, ma rimarrà negli annali anche grazie alla sua protagonista femminile che, a distanza di 45 anni, non potremmo immaginare rappresentare da altra attrice.
Nonostante il passare del tempo incalzi, l’animo di Kubrick è presente più che mai in Shining, tanto da definirlo un film “kubrickiano”, “suo” e non di “altri”, allontanandosi dall’universo di King. Lo scrittore provò sin da subito a scrivere la sceneggiatura tratta dal proprio libro; tuttavia, Kubrick (secondo quanto
racconta David Hughes, biografo di King) rifiutò categoricamente la possibilità, spinto in parte dai pregiudizi e in parte da manie di controllo. Il parere del regista era che King fosse uno scrittore mediocre, abile solo nel produrre opere interamente per le masse, senza un reale contenuto artistico. Kubrick preferiva avere potere assoluto riguardo le interpretazioni delle opere, considerandole come proprie. Come risultato, l’horror kubrickiano è sicuramente diverso dall’omonimo libro e, per tal motivo, King fu fortemente critico. Secondo lo scrittore, Kubrick aveva snaturato totalmente la storia originale e i personaggi, in particolare nel caso di
Jack Torrance, dove il personaggio sembra semplicemente un uomo da sempre stato folle. Riporterà questa stessa opinione anche nel 2019, quando in occasione dell’uscita in sala di Doctor Sleep (diretto da Mike Flanaghan), King affermerà che il sequel è stato in grado di restituire grande riscatto al libro primo.
Nonostante le differenze con il libro, è innegabile che Shining sia un pilastro del cinema horror, riuscendo a mantenere la sua alta qualità anche dopo 40 anni. Un’opera inquietante e allo stesso tempo di grande attrazione per chi è affascinato dalla rappresentazione del Male. Un Kubrick al suo stato più puro,
caratterizzato dalle sue tipiche simmetrie e la ricerca precisa di ogni dettaglio al suo posto, fotogramma dopo fotogramma, il legame tra i movimenti di macchina e le geometrie delle inquadrature. Insomma, un’opera dalla forte e riconoscibile impronta estetica.
Shining è la rappresentazione di quel male che ti colpisce là dove sono presenti le tue fragilità, durante i momenti di sconforto. Esso non è mai totalmente sconfitto, ma vive in un’ottica nella quale esso fa parte di un ciclo continuo, che si ripete, ruotando assieme al bene.